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Ecco perché i board delle multinazionali Usa aprono ai cyber-esperti

La sicurezza cibernetica è diventata la priorità numero uno per le corporation d’oltreoceano impegnate a difendersi dal controllo domestico – i programmi dell’Nsa – e le minacce esterne – Cina su tutte.
Per affrontare al meglio questo cambiamento, alcune tra le più grandi aziende statunitensi stanno da poco cercando di assumere esperti di cybersecurity in posizioni elevate e di portare esperti di tecnologia nei loro consigli d’amministrazione.

CAMBIAMENTO RADICALE

JPMorgan Chase, Pepsi, Cardinal Health, Deere, United Services Automobile Association: sono queste – secondo il parere di esperti riportato da Reuters – alcune tra le aziende più importanti in cerca di direttori generali di sicurezza informatica (Ciso) e altro personale specializzato per puntellare le loro difese cibernetiche.

UNA NUOVA ORGANIZZAZIONE

In cosa consiste questo cambiamento organizzativo radicale? Mentre prima un Ciso rispondeva del suo operato al chief information officer (cio), il manager responsabile della funzione aziendale information & communication technology, ora siede insieme al lato esecutivo per consigliare al meglio l’amministratore delegato e il cda sulle opportunità di alcune operazioni. Dopo le violazioni di dati di alto profilo come l’attacco dello scorso anno al rivenditore statunitense Target Corp, ora c’è l’aspettativa che i Ciso non siano esperti solo tecnologia, ma anche di business di un’azienda e di gestione del rischio.
Molte grandi aziende sono alla ricerca di dirigenti di sicurezza con background militare o nel campo della difesa, persone con la giusta esperienza che possono arrivare a percepire salari annui tra i 500 e i 700 mila dollari e che sono destinati a crescere.
Queste mosse che dovrebbero garantire alle aziende Usa maggiore controllo delle informazioni in uscita e un piano dedicato e integrato per la sicurezza delle infrastrutture informatiche.

AI FERRI CORTI CON PECHINO

Nonostante il caso Datagate abbia spinto le aziende a intraprendere queste misure anche per riconquistare la fiducia degli utenti con un rinnovato sistema di accountability, a preoccupare le corporation Usa sono soprattutto i metodi aggressivi dell’intelligence economica di Paesi non amici. Poche settimane fa il Grand jury della Pennsylvania, con un atto senza precedenti, ha denunciato esplicitamente cinque hacker militari della Repubblica Popolare con l’accusa di aver rubato dati sensibili dai computer di sei società americane – tra cui colossi come Alcoa, Us Steel e Wastinghouse – del settore dell’energia nucleare, solare e metalmeccaniche.
Critiche respinte dalla Cina, che ha risposto prima con una dichiarazione piccata del portavoce del ministro degli Esteri, Qin Gang (“accuse assurde e fittizie“), e poi – rivela Bloomberg Businessweek – con una rappresaglia che costringe di fatto le banche nazionali a smettere di utilizzare i servizi offerti dall’americana Ibm. Al suo posto, dovranno servirsi della Inspur, un’azienda cinese che sarà il server di default degli istituti finanziari della Repubblica Popolare.

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