L’impronta del nuovo amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, inizia a vedersi. Il numero uno del colosso italiano degli idrocarburi ha firmato con il suo omologo russo di Gazprom, Alexey Miller, un accordo sulla revisione dei contratti di approvvigionamento del gas.
Per l’erede di Paolo Scaroni è un cambiamento di rotta minimo, eppure significativo.
LE PREVISIONI DEL WSJ
Solo poche settimane fa la stampa internazionale, Wall Street Journal in testa, profetizzava che le future mosse del nuovo numero uno del Cane a sei zampe sarebbero state in completa continuità con quelle del suo predecessore.
La messa da parte Scaroni era considerata dal Wsj una “rottamazione” dolce, ma per il momento riuscita a metà per il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Nei giorni caldi della crisi ucraina e dopo gli incontri del premier italiano con Barack Obama e David Cameron, la nomina di Descalzi pareva allontanare i timori di chi immaginava che un cambio alla guida del gruppo sarebbe coinciso con un accantonamento della collaborazione energetica con Mosca, avversata dal mondo anglosassone ma legata finora a doppio filo anche dai rapporti tra l’ex premier Silvio Berlusconi (grande sponsor di Scaroni, come ricordava il Wsj) e il presidente russo Vladimir Putin.
IL NUOVO ACCORDO
Oggi invece una nota di Eni annuncia l’accordo, che prevede una riduzione dei prezzi delle forniture e un cambiamento nelle modalità di indicizzazione. Ciò, si legge nella comunicazione dell’azienda, assicurerà “il pieno allineamento con il mercato“. Inoltre, nel 2014 (i termini dell’accordo si applicano retroattivamente proprio dall’inizio di quest’anno) la capacità del Cane a sei zampe di recuperare gas prepagato all’interno delle clausole di “take or pay” sarà aumentata in modo significativo.
RINEGOZIARE I CONTRATTI
L’intesa raggiunta con Gazprom, specifica il comunicato, rappresenta per Eni “un cardine dell’impegno di rinegoziare tutti i contratti di fornitura gas a lungo termine con terze parti, con l’obiettivo di disporre di un portafoglio di approvvigionamenti pienamente competitivo“.
Una scelta che potrebbe essere stata accelerata dal recente accordo per la fornitura di gas russo alla Cina.
Ieri il presidente della commissione Industria del Senato Massimo Mucchetti, intervenuto a margine di un convegno dell’I-Com sulle sfide europee dell’innovazione energetica italiana, spiegava che “l’accordo russo-cinese non risolve i problemi di allocazione del gas russo, dal momento che la produzione si attesta attualmente su valori ben superiori ai 38 miliardi di mc citati nell’accordo. Su questa base – ha sottolineato il deputato Pd – l’Italia ha l’opportunità di tornare a ridiscutere il prezzo del gas in arrivo dalla Russia, anche in virtù del forte potere negoziale che deriva dall’intesa tra Eni e Gazprom per la realizzazione del gasdotto South Stream, che permetterà la connessione diretta tra Russia e Europa Occidentale attraverso il Mar Nero e i Balcani aggirando l’Ucraina“.