Superate le elezioni occorre subito mettersi in marcia per migliorare il funzionamento dell’euro.
Per contrastare sfiducia e pulsioni di rigetto si devono offrire ai cittadini prospettive di cooperazione e unione politica, si deve restituire un senso al progetto europeo di lungo periodo. Nell’immediato, bisogna muoversi per rendere più efficiente la politica economica dell’area della moneta unica.
Questo significa fondamentalmente due cose. In primo luogo, ridefinire il percorso di aggiustamento del fiscal compact. Ciò può essere fatto senza modificarne i parametri, ma escludendo le spese pubbliche per investimenti dal calcolo del saldo di bilancio valevole per i criteri europei. Sono spese che hanno alto impatto moltiplicativo, sostengono il ciclo economico e rafforzano le potenzialità di sviluppo dell’economia nel lungo periodo. La crescita è l’unica vera strada disponibile per il risanamento delle economie ad alto debito.
In secondo luogo, occorre rendere più simmetrico il riequilibrio competitivo intra-europeo, chiedendo alla Germania di partecipare al processo. Questa esigenza ha implicazioni sul lato monetario, dovendo essere accompagnata dall’aumento dell’inflazione nell’area euro. Ciò renderebbe relativamente più agevole la correzione degli squilibri di competitività dell’area, senza ostacolare riequilibrio finanziario dei paesi periferici. Quindi l’azione di stimolo della BCE deve assecondare un processo di reflazione in Germania incentrato su maggiori consumi.
Sono modifiche su cui è facile prevedere opposizioni. L’Italia deve farsi forza trainante nei confronti dei paesi che, come Francia e Spagna, condividono interessi comuni e dare, insieme ad essi, la spinta necessaria al rilancio europeo.