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F-35, perché i tagli del Pd ci riportano all’età delle fionde

Una trentina di anni or sono, prima che cadesse il Muro di Berlino, mi capitò di visitare la Repubblica democratica tedesca (Rdt, come si chiamava la cosiddetta Germania Est rimasta al di là della cortina di ferro) e, precisamente, il distretto di Suhl in Turingia. In quella zona vi era un’antica tradizione produttiva: il giocattolo.

Così le autorità locali mi portarono a visitare il Museo relativo dove i giocattoli erano raccolti sulla base delle diverse epoche storiche fin dall’antichità secondo una chiave interpretativa per cui nel giocattolo si esprimevano i valori delle istituzioni politiche e civili. Così a rappresentare il Nazifascismo era una squadra di soldatini delle diverse Armi. Poiché, da bambino, i soldatini erano stati il mio principale passatempo trovai singolare che essi venissero assegnati alle dittature del “secolo breve”; e lo feci notare.

Mi fu risposto che mi sbagliavo e che l’interpretazione corretta era la loro. Al che mi venne spontaneo chiedere se per caso avessero abolito la produzione di soldatini. Mi fu risposto di no. Mi venne facile allora far notare la contraddizione del loro comportamento: nel Museo insegnate che i soldatini evocano il fascismo, ma voi, difensori della democrazia e del socialismo, continuate a produrli. La risposta dei funzionari al seguito mi lasciò basito. “Noi li produciamo – dissero – con una concezione difensiva”.

Da trent’anni mi interrogo – senza trovare una risposta – su come fossero mai questi soldatini. Questo siparietto del socialismo reale mi è tornato alla mente dopo aver letto il documento del Pd sugli F35, presentato e votato in commissione Difesa di Montecitorio (primo firmatario Gian Piero Scanu). Nel documento, Scanu si sofferma non solo sui problemi economici, ma anche sulla natura del velivolo e scrive: “Considerazioni di natura finanziaria, operativa e di politica industriale, spingono a rinnovare la flotta aerea militare su due linee di volo, ovvero con gli F35 e gli Eurofighter, tra loro complementari e in grado di operare in ambiente sia Nato che UE. In questa stessa ottica appare ragionevole, infine, esplorare anche altre soluzioni, meno impegnative dal punto di vista finanziario, per quanto riguarda il rinnovamento degli aerei a decollo verticale”.

Gli replicaun ricco dossier si trova su Formiche.net – il generale Vincenzo Camporini, già capo di Stato maggiore della Difesa e oggi vicepresidente dell’Istituto Affari Internazionali “sono in molti a sostenere che dovremmo acquistare Eurofighter e non F-35“. Niente di più sbagliato perché: “a) sono due velivoli con caratteristiche diverse, non intercambiabili, il primo serve a difendersi, il secondo ad attaccare; b) Gli F-35 costano, a inizio programma, molto meno che gli Eurofighter al termine della produzione e hanno anche minori costi operativi per ore di volo; c) È vero che gli Eurofighter sono prodotti da un consorzio di quattro Paesi tra i quali c’è anche l’Italia con una quota del 21%. Proprio questo significa che se oggi ne ordinassimo un quantitativo spendendo ad esempio 100 – e gli altri Stati del consorzio non facessero lo stesso in proporzione -, noi avremmo sì un guadagno di 21, ma il restante 79 andrebbe ad altri Paesi“. Con gli F-35 invece, conclude Camporini, “si è sul mercato in modo aperto, per un numero di commesse che potrebbe essere potenzialmente estesissimo. Non mi stupirei di scoprire che alla fine del programma Jsf, facendo i conti, avremmo avuto lavoro per una cifra superiore a quella spesa per acquistare i nostri velivoli“.

Non si tratta, allora, soltanto di una questione di convenienza economica (stime di centri di ricerca indipendenti attribuiscono all’operazione vantaggi per 15,8 miliardi da qui al 2035) ma di una visione sbagliata dal punto di vista della strategia militare: un aereo di attacco (F-35) non può essere sostituito da uno attrezzato per la difesa (Eurofighter).

A meno che non sia la solita storia dell’antimilitarismo insito nelle tradizioni della sinistra; nel qual caso resta da chiarire perché vennero chiusi ambedue gli occhi quando il governo D’Alema non esitò a mandare gli aerei a bombardare la Bosnia soltanto per poter accreditare un premier (il primo e l’ultimo) ex comunista nella comunità internazionale. Gli ex comunisti, però, erano più seri di questi boy scout arrivati a Palazzo Chigi e dintorni, per una distrazione degli italiani, che pur di raccattare qualche voto non tengono conto nemmeno delle sollecitazioni degli alleati (Barack Obama è venuto in Italia apposta per ricordare che difendere la libertà ha un costo e che l’Europa non può continuare a caricarlo tutto sulle spalle dei contribuenti americani). Ma Gian Piero Scanu risponde come quei funzionari della Rdt: noi abbiamo una concezione difensiva. E il Pd – ormai allo sbando – chiede la moratoria. Dobbiamo risparmiare e ridurre le spese militari.

Perché solo con gli F-35, allora? Facciamo di più: armiamo i nostri soldati di archi e frecce. Magari anche di fionde. E dismettiamo, con asta su internet, le armi pesanti. Insieme alle auto blu.

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