Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Che cosa non dice Geithner sulla guerra di Merkel a Tremonti. Parla Giulio Sapelli

Non era Silvio Berlusconi l’obiettivo, ma le politiche antitedesche di Giulio Tremonti allora ministro dell’Economia. È l’opinione del prof. Giulio Sapelli, storico, economista e saggista, che – dopo le rivelazioni del libro scritto da Tim Geithner – in una lunga conversazione con Formiche.net ricostruisce quei giorni drammatici del 2011 su cui certifica che, default ellenico in primis, furono il segno della prova generale di un default politico. “Poi si sono fermati perché hanno avuto paura dei russi: il vero conflitto con Mosca non inizia in Ucraina ma in Grecia e a Cipro”.

Secondo l’ex ministro del Tesoro Usa, Tim Geithner, non furono gli americani a disarcionare Silvio Berlusconi nel 2011: chi allora?
Qui vale ciò che ha detto Tremonti nel suo libro “Uscita di sicurezza”: era lui l’obiettivo, non il premier. Se solo le avesse dette prime quelle parole, forse le cose sarebbero cambiate. È mancato di coraggio politico, proprio perché non è un politico di professione ma un professionista, un intellettuale. Se si scorre l’appendice di documenti che Tremonti ha inserito nel volume, si comprende il perché della caduta del governo.

Per quali ragioni?
Perché continuava a produrre documenti contrari alla politica deflettiva tedesca, chiamando in causa il Fmi che non a caso appena nominata al vertice Christine Lagarde inizia a darci ragione. Per cui l’intenzione era far fuori il nostro ministro dell’Economia, e naturalmente anche Berlusconi che non aderì al piano di commissariamento della Grecia erogando quantità di denari superiori a quelle che l’Italia poteva dare, non condividendo il senso di quella prospettiva. Lì si aprì un’altra partita e in quel frangente ci fu qualcosa che Tremonti non può dire, ma gli storici sanno bene che ciò che nascondono gli archivi lo può dire la deduzione, altrimenti non esisterebbe la filosofia.

Ovvero?
In quel frangente iniziò la più grande crisi che l’Occidente abbia visto, così come avvenne nella seconda guerra mondiale: una profondissima divisione tra Usa e Germania. Anche gli Stati Uniti erano contrari alla politica della Bce dove pur avevano messo un loro uomo, il carissimo amico Mario Draghi, persona dall’indiscutibile eticità, ma che però non credo fosse un patriota italiano. Piuttosto un tecnico cosmopolita legato al capitale internazionale anglosassone che fu imposto alla guida della banca centrale.

Quindi la versione di Geithner la convince?
Ma non dice tutta la verità. In quei giorni successe anche dell’altro, con il più importante leader europeo, Angela Merkel, che denunciava di essere spiata. Insomma, continuo a credere che il problema non fosse solo Berlusconi.

Cosa rappresentarono in quel frangente Monti e Papademos per Italia e Grecia?
Il primo senza dubbio il punto più basso della nostra storia nazionale, con una caduta di prestigio. Tutti ricordano i conflitti con gli americani di Monti quando era commissario europeo sulla questione General Electric. Ha sempre avuto una visione amministrativa dei mercati. Per comprendere il suo ruolo, assieme al greco Papademos, porto l’esempio di un ristorante: si può parlare con il maitre e con uno che maitre non è. Sta tutta lì la differenza. L’elemento che getterà ombra su una persona stimabilissima che ha fatto parte della mia vita politica in passato, è la nomina di Monti senatore a vita da parte di Giorgio Napolitano, come ho avuto modo di scrivere nel mio libro “L’inverno di Monti”.

Secondo il Financial Times, a Cannes quando l’allora premier greco Papandreou annunciò l’intenzione di fare un referendum sull’euro, la cancelliera Merkel pianse: che idea si è fatto di quel passaggio?
Mi chiedo: qualcuno ha più sentito parlare di Papandreou da allora? Non si ebbero più notizie di lui per alcuni giorni.

Fu quello il momento più vicino al default?
I default sono stati creati. Cosa ci voleva per salvare la Grecia? Non parliamo certo di un’economia così imponente. Sarebbe bastata una manciata di miliardi. Si è trattato invece della prova generale di un default politico. Poi si sono fermati perché hanno avuto paura dei russi: il vero conflitto con Mosca non inizia in Ucraina ma in Grecia e a Cipro, non dimentichiamolo. Putin comprese che gli europei non erano più partner affidabili.

I mercati oggi usano, proprio sulla Grecia, toni trionfanti: sono veritieri?
Non capisco per quale ragione esultino. Si dicono trionfanti perché gli spread sono caduti, ma ciò accade per via della deflazione. Siamo sull’orlo di una nuova bolla spaventosa, addirittura l’Economist dedica una pagina intesa alle shadow bank, definendole l’ultima spiaggia. E per questo si alzano i calici? Il problema è che si ragiona con i termini di un vecchio capitalismo basato su un modello keynesiano passato. A quelle cose credono solo i lettori del Sole 24 Ore.

twitter@FDepalo

CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter