Skip to main content

Europee 2014, tutti gli erroracci dei 5 Stelle e di Grillo. Parla Aldo Giannuli

Nessun alibi. La frana di consensi che ha colpito il Movimento Cinque Stelle nella tornata elettorale europea non ammette letture ambivalenti. E impone un’analisi rigorosa, un bagno di umiltà per la formazione che aveva scommesso sul rinnovo dell’Assemblea di Strasburgo per accreditarsi come l’autentico antagonista del Partito democratico di Matteo Renzi.

Per ragionare sui motivi profondi della sconfitta e comprendere quale orizzonte si apre per l’universo penta-stellato, Formiche.net ha intervistato Aldo Giannuli, storico dell’Università Statale di Milano e tra gli studiosi più autorevoli delle trame eversive che hanno insanguinato l’Italia del dopoguerra, oltre che talvolta firma di spicco del blog di Beppe Grillo.

Professore, rispetto alle previsioni dei sondaggi pre-elettorali il risultato dei Cinque Stelle è fallimentare.

Non parlerei di tracollo, bensì di sconfitta. Non soltanto perché il M5S ha clamorosamente mancato gli obiettivi della vigilia, ma anche per lo scarto enorme registrato a confronto con il PD. La disfatta non è tanto nel 4 per cento in meno, ma nell’aver perso quasi 3 milioni di consensi sul campo. È necessario capire perché e dove.

Lei quale spiegazione ha maturato?

Nelle aree in cui il Movimento Cinque Stelle era più forte come il Mezzogiorno e le Isole è stato riscontrato un crollo dei votanti, con un massiccio trasferimento di una parte considerevole dei suffragi nel bacino delle astensioni. Per cui il voto di protesta si è trasformato in voto di indifferenza. Attenzione però a un elemento rilevante, che potrebbe giocare a favore della formazione guidata da Beppe Grillo.

Quale?

L’area di centro che nel 2013 faceva riferimento a Scelta civica e Fermare il declino è sparita ed è stata fagocitata dal Partito democratico nella sua vittoria clamorosa. Lo schieramento conservatore-moderato è in via di sgretolamento sul piano numerico e politico. A seguito degli scontri all’arma bianca tra Forza Italia e Nuovo Centro-destra, una rinnovata coalizione sarebbe appiccicata su un collante assai fragile. Mentre la Lega Nord sarà spinta a marcare una posizione autonoma con un punto di riferimento strategico nel gruppo euro-scettico a Strasburgo. Perché non avrebbe interesse a entrare in un’alleanza perdente. L’unica opposizione che resta in piedi nei confronti del Nazareno è pertanto il M5S.

Che però deve riflettere sulle ragioni della sconfitta.

Senza dubbio. A mio giudizio ve ne sono tre. La prima è organizzativa. Un partito integralmente di opinione lo si può costruire fino al 10 per cento dei consensi. Una forza tenuta assieme dalla Rete e dal ruolo carismatico dei fondatori non può permetterselo con il 25 per cento dei voti. Perché Internet non può sostituire un’organizzazione territoriale. Sarebbe uno scheletro troppo gracile per una robusta struttura muscolare. È qui che risiede la seconda motivazione del vistoso calo di adesioni. Una comunicazione che sopravvaluta le potenzialità del Web in un Paese come l’Italia. Nel quale è miope snobbare giornali e tv.

È stato ininfluente l’intervento di Grillo a Porta a Porta?

La ritengo una parziale correzione di rotta, tardiva e insufficiente. Ma la cornice era profondamente errata. Mi riferisco a un appiattimento dell’intero partito sull’immagine e le parole del leader. Il quale ha adottato un registro comunicativo monocorde, che rende ogni messaggio inefficace e prevedibile.

E il terzo motivo della sconfitta?

La campagna “terroristica” scatenata attorno ai disastri che avrebbe comportato la fuoriuscita dell’Italia dall’Euro-zona. Al riguardo il M5S ha scelto una strada ambigua, poco chiara. Percepito come una formazione favorevole all’abbandono della valuta unica, ha ceduto il terreno alle campagne più limpide di Carroccio e Fratelli d’Italia puntando tutto sul referendum per la permanenza nell’Unione monetaria. Con tale atteggiamento gridato e oscillante, è riuscito a spaventare e disorientare l’elettorato di centro, che ha preferito votare il PD.

La reiterata evocazione di Enrico Berlinguer ha allontanato dai penta-stellati i cittadini di centro-destra?

È probabile. Peraltro senza drenare voti dal Partito democratico. Ma mi sembra un fenomeno contenuto, limitato a poche centinaia di migliaia di persone. Il problema è la percezione del M5S come movimento di protesta anziché di proposta. Un punto che richiede significative correzioni. Grillo deve conservare un ruolo importante, offrendo visibilità ai parlamentari. Ve ne sono di capaci che potrebbero arricchire l’immagine del movimento e invece restano schiacciati sulle figure dei due fondatori.

A quali esponenti pensa?

A Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista, Danilo Toninelli, Paola Taverna.

Le Cinque Stelle potrebbero diventare la forza antagonista del PD nel bipolarismo del futuro?

Nel medio termine il M5S sarà l’unica alternativa al Nazareno. Nel lungo periodo ciò sarà legato a molteplici fattori, in un panorama politico europeo magmatico e in piena trasformazione, come rivelano i terremoti registrati nel Regno Unito e in Francia. Nella vita pubblica italiana vi è necessità di una grande flessibilità, per i continui alti e bassi e le infinite curve che ne connotano le traiettorie. E per tale ragione è deleterio rifiutare la logica di coalizione. Reputo difficile che il M5S raggiunga da solo il 50 per cento dei consensi. Ed è ovvio che debba creare una rete di interlocuzione, senza rinunciare alle caratteristiche che lo hanno reso popolare.


CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter