Gli Stati Uniti rivendicano il loro ruolo di leader del mondo libero, rassicurando gli alleati che la loro presenza e determinazione a difendere l’Occidente dalla minaccia del terrorismo non sono in discussione.
“Raramente l’America – ha spiegato il presidente Barack Obama nel corso del suo discorso di commiato ai cadetti dell’accademia militare West Point, nello Stato di New York – è stata così forte rispetto al resto del mondo“.
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Con queste sue parole, il capo di Stato ha introdotto le linee guida della sua politica estera, annunciando un finanziamento da cinque miliardi di dollari per dare vita a una partnership anti-terrorismo destinata ad addestrare le autorità di Paesi africani e mediorientali nella lotta all’estremismo.
LE RASSICURAZIONI AGLI ALLEATI
Chi sostiene che “l’America sia in declino o che ha visto la sua leadership globale sgretolarsi“, ha aggiunto l’inquilino della Casa Bianca, sta “sbagliando a leggere la storia o sono coinvolti in politiche di parte“. Per Obama l’esercito americano “non ha pari. Le probabilità di una minaccia diretta contro di noi da parte di qualsiasi nazione sono basse e non sono paragonabili ai pericoli che abbiano affrontato durante la Guerra Fredda“.
L’America “deve sempre essere protagonista sul palcoscenico globale. Se non lo facciamo, nessun altro lo farà“. Obama ha precisato che “l’azione dell’esercito militare non può essere la sola componente della nostra leadership“, riferendosi agli aiuti umanitari e alla costruzione di alleanze che vedono sempre in prima linea Washington.
UN CAMBIO DI ROTTA
Entrando nel vivo della strategia militare americana, Obama ha poi parlato della guerra al terrorismo, in particolare del ritiro dall’Iraq, della conclusione della guerra in Afghanistan, di Osama bin Laden e delle azioni contro Al Qaeda in Pakistan e altri Paesi della regione.
Tuttavia il presidente Usa ha spiegato che “nel prossimo futuro, la minaccia più diretta all’America a casa così come all’estero resta il terrorismo“.
Un problema che intende affrontare senza truppe di terra, “una strategia ingenua e non sostenibile“, ma cambiando totalmente rotta, ovvero stringendo “alleanze con Paesi dove le reti terroristiche cercano un appiglio“. Meno guerre dunque e più investimenti e soft power, anche per arginare la pressione cinese e le tensioni con Mosca.
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LE POLEMICHE SUI DRONI
Anche se, ha precisato Obama, “l’America non deve chiedere il permesso per proteggere la sua gente, la sua terra, i suoi interessi“, ha ribadito che continuerà ad intraprendere “azioni dirette” ordinando i raid con i droni per catturare o uccidere sospetti terroristi “se sarà necessario“. Il capo di Stato Usa ha comunque confermato la scelta, dettata anche dalle critiche avanzate in questi anni all’alto numero di attacchi con velivoli a pilotaggio remoto con vittime civili, di spostare il coordinamento del programma dalla Cia al Pentagono. “Sposterò progressivamente la guida di queste operazioni ai militari, fornendo informazioni al pubblico a riguardo“, ha detto sottolineando che la poca “chiarezza e trasparenza” su questo fronte alimenta “la propaganda dei terroristi ed il sospetto internazionale“.
IL PIANO ANTI-TERRORISMO
Particolare attenzione sarà riservata al conflitto ancora in atto in Siria, senza un impegno militare diretto, ma aumentando lo sforzo per sostenere Damasco e i Paesi vicini: Giordania e Libano, Turchia e Iraq”. “Sto chiedendo al Congresso di sostenere un nuovo fondo comune contro il terrorismo (Counter-Terrorism Partnership Fund) con cinque miliardi di dollari, che ci aiuterà a formare, a sviluppare le competenze e a facilitare i Paesi partner che si trovano al fronte. Queste risorse ci consentiranno di essere più flessibili nel portare a termine diverse missioni, tra cui: l’addestramento delle forze di sicurezza dei contingenti in Yemen che hanno lanciato un’offensiva contro Al Qaeda; sostenere una forza multinazionale per riportare la pace in Somalia; lavorare insieme agli alleati europei per addestrare le forze di sicurezza e la pattuglia di confine in modo che siano funzionanti efficaci in Libia; e facilitare le operazioni francesi in Mali“, ha continuato Obama. “È assolutamente vero – ha aggiunto Obama – che nel ventunesimo secolo, l’isolazionismo americano non è un’opzione“, ma “non tutti i problemi – ha sottolineato marcando orgogliosamente una differenza coi suoi predecessori – devono avere una soluzione militare“, il mondo è cambiato e anche gli Usa per Obama devono farlo.
LE REAZIONI DELLA STAMPA
Il suo discorso non convince però la stampa americana. Dopo l’annuncio del surge completo del contingente Usa da Kabul e il suo discorso all’Accademia militare di West Point, scrive il Washington Post, “il presidente Obama non può certo essere accusato di incoerenza“. Eppure, contesta il quotidiano Usa, ancor più coerenti della linea di politica estera obamiana, sono stati i suoi risultati sul campo, “costantemente negativi“, dall’Iraq alle sconfitte con Al Qaeda, o a Tripoli, che “sta cadendo a pezzi“.
Critico anche il New York Times, vicino al mondo democratico, secondo cui l’intervento del presidente Usa era stato presentato dalla stessa amministrazione come “un momento importante per illustrare la visione di politica estera del capo di Stato per la seconda parte del suo mandato, e per formulare risposte convincenti alle critiche“. Per il quotidiano americano, però, “l’intervento del presidente non ha risposto alle aspettative, è parso poco ispirato, è mancato di visione strategica e difficilmente potrà placare i detrattori della casa Bianca, a destra come a sinistra“.
Rilevi presenti anche tra i think tank, primo tra tutti Foreign Policy, che in un’analisi di Gordon Lubold evidenzia tutte le promesse già fatte e poi disattese in politica estera dal capo di Stato americano.
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