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Investire in Europa: Italia tra incudine e martello

L’Italia cerca di uscire da un momento di profonda crisi investendo in Europa; combattendo tuttavia un Unione Europea che impedisce ai fondi, seppur limitati, del nostro paese, di accedere agli investimenti migliori.  

DOVE L’ITALIA DOVREBBE INVESTIRE IN EUROPA?

A fronte delle problematiche interne che affliggono l’economia del nostro Paese, sono due le alternative proposte dall’EU: comprare government bonds o attingere ai prestiti dell’ESM. Entrambe le soluzioni tuttavia comportano implicazioni tutt’altro che indifferenti.

I Bond tedeschi, i migliori sul mercato, sono titoli di credito messi a disposizione dalla Germania nei confronti dei paesi europei. I Bond tedeschi, sono considerati tra i titoli più sicuri del mondo e, proprio per questo, offrono rendimenti molto bassi (inferiori di media al 2%). L’Italia, fornirebbe fondi alla Germania con un ritorno economico inferiore persino all’inflazione. La Germania, grazie alla sua stabilità economica, riesce ad accedere a categorie di investimento migliori, disponibili solo a paesi con un “rating” elevato.

In questo modo l’Italia finanzia ulteriormente il divario con Berlino, rischiando di aumentare il famigerato spread con la Germania.

Per l’Italia conviene dunque attingere ai loans del SME, ma su quel fronte ci sono alcune complicazioni che impediscono al nostro Paese di accedervi.

L’ESM (ossia il fondo salva Stati creato per sostenere i paesi europei in difficoltà), ha un potenziale di 700 miliardi di Euro, raccolti in gran parte emettendo bond sui mercati. L’Italia è il terzo azionista con una quota del 17,91%, dopo Francia e Germania.

Questo organo non comunica in dettaglio come gestisce il capitale affidatogli, ma i criteri sono chiari: non compra titoli con rating sotto “AA” (dunque Italia e Spagna sono fuori) e compra attività liquide di “alta qualità”. Riferimento non troppo celato ai bond tedeschi.

Questo processo implica che l’Europa del Sud dia sussidio alla Germania, senza poi poter attingere all’ESM per sostenere le proprie banche.

In conclusione, viene finanziato uno stato tedesco con i soldi dei Paesi più poveri dell’Europa del Sud (che complessivamente creano un terzo del capitale dell’ESM). Questi stessi stati, inconcepibilmente, non posso attingere al fondo salva-stati per sostenere le proprie banche.

LE PRESSIONI EUROPEE

Il QE (Quantitative Easing), letteralmente alleggerimento quantitativo, è un programma adottato dalla Federal Reserve, la Banca Centrale statunitense, in seguito alla crisi del 2008, con lo scopo di riportare l’economia americana alla stabilità finanziaria. Le manovra proposta era supportare il funzionamento dei mercati finanziari stimolando l’economia attraverso operazioni in Borsa.

La BCE, vorrebbe mettere in moto la sua QE in vista della riunione nel mese di giugno, approfittando dei benefici a breve termine che essa porterebbe sull’inflazione e sulla svalutazione della moneta; effetti che tuttavia rimangono dubbi del medio-lungo periodo. Chiaramente, il recente abbassamento degli spread gioverebbe al costo di provvigione dei benefit, sfavorendo però la Spagna e l’Italia, data la loro scarsa domanda interna.

Mario Draghi, Presidente della BCE, sostiene che questa manovra potrebbe essere varata in quanto l’Euro, negli ultimi giorni, ha perso più dell’1%. Draghi sta tuttavia prendendo tempo, consapevole di quanto questa manovra possa essere rischiosa nel panorama europeo.

La Germania in primo luogo si oppone al varo di un QE all’americana da parte della BCE, restando coerente alla sua politica di evitare sussidi ai governi in difficoltà.

Possibile dunque che un’Italia in recessione, che fatica a rispettare gli standard europei, debba sussidiare una Germania sana e in ripresa?

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