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La Cina per l’Italia: un’opportunità o una minaccia?

La presenza cinese in Italia è ormai una realtà ineluttabile. La nostra quotidianità si raffronta regolarmente con il cosiddetto “popolo dagli occhi a mandorla”; dobbiamo dunque soccombere a questa pressione, oppure abbiamo i mezzi e le conoscenze per godere di un reciproco vantaggio?

L’argomento Cina è ormai sulla bocca di tutti; trattasi di un ampio dibattito dove la paura del “gigante giallo” (la popolazione cinese è pari a 25 volte quella italiana) si intreccia con la consapevolezza delle straordinarie opportunità che potrebbero aprirsi per un Paese come il nostro (secondo partner commerciale europeo con la Cina).

La caratteristica predisposizione al duro lavoro, da parte del popolo cinese, è benvoluta dai numerosi imprenditori italiani che, inutile ometterlo, talvolta ne abusano anche. Questa grande presenza di manodopera orientale sul suolo italiano, comporta però, il diffondersi di attività non legali da parte del popolo cinese.

LE ATTIVITA’ DELLA CRIMINALITA’ CINESE IN ITALIA

I reati in cui incorre la maggior parte della criminalità organizzata cinese sono: contraffazione a violazione del “made in Italy”, evasione fiscale, favoreggiamento dell’ingresso di clandestini cinesi sul suolo italiano, sfruttamento della prostituzione e ricettazione.

I business cinese sono agevolati dall’elevato livello raggiunto dal traffico di clandestini gestito dai cinesi, che costituisce la premessa delle attività illegali tradizionali come lo sfruttamento della manodopera da inserire a costi bassissimi nel sistema produttivo e la falsificazione di documenti, passaporti, carte di credito, sigilli, autorizzazioni di soggiorno, patenti di guida.

Gli osservatori e gli studiosi della materia concordano nel ritenere il riciclaggio uno sbocco obbligato per quella parte di cinesi che operano nell’ambito di attività criminosa. Una procedura, quindi, quella del riciclaggio, finalizzata all’investimento in attività lecite e quindi difficilmente contrastabile.

Altra attività illecita è la prostituzione, la quale all’interno delle comunità cinese in Italia ha subito delle profonde modificazioni, perdendo il carattere sporadico e occasionale delle origini. Ieri, il mercato di riferimento era la stessa comunità cinese. Oggi, dietro il paravento di centri estetici e sale massaggi, si cela l’esercizio massiccio del “mestiere più antico del mondo”.

Altra manifestazione di illegalità la si può trovare nella loro condizione stessa di “gran lavoratori”.  Secondo studi, infatti, i cinesi presenti in Italia sopporterebbero meglio di quanto si potrebbe ipotizzare il lavoro a nero e le sue varie manifestazioni: sfruttamento, orari impossibili, mancanza di una minima assistenza sanitaria, violenze fisiche e morali. Questo dovuto al fatto che la loro condizione sarebbe comunque migliore rispetto a quella che avrebbero dovuto accettare ove fossero rimasti nella madrepatria.

IL CASO TARANTO: UN’OCCASIONE PERSA

La presenza cinese in Italia non è solo demografica, riguarda anche i molti e cospicui investimenti provenienti da Pechino. Numerosi sono gli episodi economico-sociali che legano il nostro paese alla Cina. Uno degno di nota è sicuramente il caso di Taranto.

Le nostre regioni e i nostri porti meridionali sono, storicamente e geograficamente parlando, le Porte per l’Oriente.

Taranto, importante porto italiano, base navale di primaria importanza della Marina militare per le sue acque marittime, ma ancor più città drammaticamente alle prese con una difficile crisi economica e con una serissima condizione ambientale. Sede della nota industria siderurgica, l’Ilva, la quale conta oltre 8000 disoccupati e presenta un inquinamento di diossina pauroso che ne fa uno dei siti più a rischio ecologico di tutto il paese. D’altro canto il porto di Taranto è considerato fin dai tempi di Napoleone uno dei porti più invidiabili per il suoi fondali, per il grande golfo che lo protegge e per la sua posizione strategica verso il medio oriente.

Alla fine degli anni Novanta, un importante gruppo imprenditoriale di Hong Kong, Hutchison Whampoa, acquisisce l controllo del 50% delle concessioni per i terminal del porto pugliese. Questo favorendo il trasporto sul suolo italiano dei prodotti Made in China, bypassando la lunga via di navigazione verso i porti del Nord Europa.

I cinesi intendono investire almeno 500 milioni di euro per migliorare la situazione delle installazioni portuali, grande opportunità per la città italiana di risolvere i problemi economici e ambientali che da anni la affliggono. L’amministrazione comunale è ben disposta, ma i tempi sono quelli che sono per gli enti locali e per gli investimenti pubblici. Francesco Sisci commenta:

“Il problema dei fondali sembra semplicemente irrisolvibile, anzi un vero incubo amministrativo. Siamo di fronte a terra che deve essere “trattata” o meglio “purificata” prima di essere spostata, e ciò comporta costi elevati e tempi lunghi. E poi il porto necessita anche di una diga foranea per proteggere le grandi navi… ma anche su questo fronte non è stato fatto nulla. Morale: gli investitori cinesi si stanno stufando. Taranto rischia cosi di perdere la sua occasione nella moderna Via della Seta”.

L’Italia, per approfittare dell’espansione cinese, come già citato nel caso Taranto, deve cambiare la sua cultura politica e amministrativa, dominata dall’ideologia, badando ai risultati . Partecipare a EuroChina potrebbe essere una strategia geopolitica redditizia e attenta all’interesse nazionale.

DUNQUE AMICI O NEMICI?

Certo, il più grande Paese asiatico rappresenta un ostacolo alla crescita degli altri Paesi, con i suoi bassissimi salari, lo yuan debolissimo, col costante dumping commerciale e industriale (la crisi della siderurgia europea è dipesa, e tuttora dipende, in gran parte da esso) e con la propensione a copiare marchi o brevetti. Un ostacolo da affrontare però in termini positivi, cioè “superandolo” e non aggirandolo.

In questi ultimi anni l’Italia e la Cina si sono comunque avvicinate tra loro; Wen Jiabao nel 2010 ha incontrato il premier Silvio Berlusconi e il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, firmando 16 accordi bilaterali di settore e ha sottoscritto intese tra grandi gruppi industriali: Vodafone e Tiscali da un lato, Huawei, Zte e Icbc dall’altro.

Dunque, il “gigante dagli occhi a mandorla”, rappresenta al tempo stesso un’opportunità ed un pericolo. La Cina ricordiamo infatti, gioca un ruolo essenziale nell’economia mondiale grazie anche alla sua imponente massa d’investimenti, potenzialmente disponibili al nostro Paese.

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