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Come la crisi in Ucraina può minacciare il sistema energetico

Pubblichiamo un articolo di Affari Internazionali

Il 5 e 6 maggio si terrà a Roma il G7 Energia, che sarà guidato dal ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi. Nel pieno della crisi in Ucraina, l’incontro riflette la necessità dell’Europa di accelerare l’integrazione in ambito energetico ed in particolare di trovare un approccio condiviso sul tema della sicurezza degli approvvigionamenti.

Considerate le divergenze tanto a livello europeo che in sede transatlantica, l’incontro dei ‘sette grandi’ rappresenta un’importante occasione per effettuare una valutazione comune delle priorità in materia energetica, per definire le principali criticità e per proporre soluzioni concrete per far fronte alle perduranti minacce alla sicurezza energetica.

IL NODO RUSSO
Molto, ovviamente, gira attorno alla questione russa. Mosca infatti garantisce il 30% dei consumi di gas europei, oltre la metà dei quali transitano attraverso il territorio ucraino. Alla luce di questi dati, è credibile che l’Unione europea (Ue) – in caso di conflitto bellico o come risultato dell’inasprimento delle sanzioni internazionali – possa rinunciare alle forniture di Gazprom?

Le posizioni nel gruppo dei paesi occidentali, a riguardo, sono estremamente eterogenee. Washington, forte della sua non-dipendenza energetica da Mosca, è chiaramente a favore di approccio risoluto nei confronti del Cremlino. Dal canto loro, i paesi europei – seppur con motivazioni e intensità differenti – sono più caute nell’affrontare la questione russa.

Per alcuni di essi, infatti, uno scontro frontale potrebbe avere ripercussioni drammatiche sul fronte energetico. È il caso della Germania e dell’Italia, i cui legami economici con la Russia vanno ben oltre le questioni energetiche; o dei paesi dell’Europa centro-orientale, quasi completamente dipendenti dal gas di Mosca.

Nel medio-periodo, infatti, in caso di blocco totale delle forniture russe, pur massimizzando le importazioni dai fornitori tradizionali (Norvegia, Algeria e Libia) e dal mercato Lng (Liquefied natural gas), i consumi di questi paesi sarebbero a forte rischio.

In questo contesto, la posizione italiana appare ambigua. Secondo recenti indiscrezioni, proprio mentre l’Austria si accorda con Gazprom per la realizzazione di South Stream, il governo italiano starebbe frenando sul progetto, per concentrarsi su Tap e Itgi.

Partendo dal presupposto che i progetti non sono mutualmente escludenti, resta da chiedersi quali siano le intenzioni del governo (e della nuova dirigenza di Eni) nei confronti di un partner strategico come la Russia, e se ritengano davvero possibile un futuro prossimo senza le forniture russe.

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Nicolò Sartori è ricercatore dell’Area Sicurezza e Difesa dello IAI.

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