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La questione della pace in Israele e nei Territori dell’Anp

Il tema biblico di Papa Francesco allo Yad Vashem è, per molti versi, la chiave di lettura del progetto politico del Vaticano sul Medio Oriente attuale. Adamo, dove sei? Adamo, lo dice Martin Buber, si nasconde, per non dover rendere conto all’Unico. Crede che Lui non lo veda, è proprio l’avvio di quella che noi chiamiamo la “modernità”. Credersi ignoto a Dio. Inizia la paura dell’uomo per Dio che diventa la mistificazione principale del maligno, che è la linea del “non devi più aver paura del Giudizio di Dio“, la bestemmia somma.

E, nel caso della situazione strategica, geopolitica, militare, sociale dell’area tra Israele e Autorità Nazionale Palestinese molto vi è da chiarire, e Adamo oggi non può ascoltare alcuna voce. Dio non è mai lontano, ma i Suoi Inviati certamente sì. La situazione, non dobbiamo mai dimenticarlo, nasce dalla guerra fredda e in quella logica non potrà mai essere risolta. Occorre pensare oltre e diversamente, visto che oggi la suddetta guerra fredda, almeno nei modi e nei terni consueti, è morta e sepolta. Il confronto bilaterale Est-Ovest era sciocco, soprattutto in Medio Oriente: il mondo arabo godeva, dopo il XX congresso del PCUS nel 1956, del trattamento di favore dell’URSS per le “borghesie nazionali” e oggi invece siamo alla ricerca di fallite rivoluzioni “verdi” o, peggio, arancioni, che possano risolvere da sole il dramma storico delle autocrazie arabe e della loro instabilità strutturale. Troppo facile, e quindi impossibile.

Allora, con modestia religiosa proponiamo: a) si può pensare, in cambio di una vera regionalizzazione dell’Autorità Nazionale Palestinese, che rinuncerà ad essere lo strumento dei giochi interarabi come hanno sempre fatto e subìto le Associazioni Palestinesi fin dal 1945, che Israele rinuncerà ad una sola parte, ben scelta sul piano dottrinale, storico e politico, della città di Gerusalemme, ricordando a tutti che è l’Ebraismo l’origine di tutti i Monoteismi, e che quindi ha un qualche “diritto di prelazione”. È come quando il futuro Papa Giovanni XXIII, all’epoca Nunzio Apostolico a Parigi e card. Roncalli, si ritrovò a dare il primo passo al Gran Rabbino di Parigi, sostenendo che “deve passare per primo il Vecchio Testamento”. Poi, i “palestinesi” termine politicamente ambiguo, dei quali si dovrà alla fine tracciare una storia culturale e identitaria vera, e che devono trovare uno Stato che riguardi anche la loro storia, non solo i loro sogni di gloria.

L’ANP potrebbe avere una area di controllo su Gerusalemme che riguarda le zone islamiche tradizionali, con a) un diritto di passo regolato a tempo sulla Spianata delle Moschee, un successivo diritto di passaggio per i Luoghi Santi, che è uno dei più complicati e consuetudinari che si conoscano. Poi, b) si può immaginare un Trattato internazionale che definisca finalmente, dopo le ambiguità furbesche della guerra fredda, lo status internazionale di Gerusalemme, che può essere in parte Capitale di Eretz Israel, disegnata nei Luoghi assolutamente Ebraici, e poi controllato punto di riferimento religioso (peraltro tradizionalmente tardivo) dell’Islam, e infine area di riferimento della varie e successive tradizioni monoteiste derivate dalla tradizione biblica.

Siamo ancora tutti troppo eredi del bipolarismo strategico Est-Ovest, dobbiamo pensare oltre. Una autorità politica divisa in tre sulla Città Santa, che viene controllata interamente da una Organizzazione Internazionale ad hoc, poi una delimitazione specifica delle aree di totale controllo da parte delle Tre Tradizioni Monoteistiche, poi una serie di trattati, sulla base delle consuetudini, con le Religioni protestantiche e, con particolari attenzioni, con le sapienze ortodosse slave e greche. Tutto è possibile. Solo se si riesce a considerare possibile l’impossibile si è in grado di scoprire qualcosa di nuovo, lo diceva Goethe.

Professor Giancarlo Elia Valori
“Cattedra per gli studi sulla pace e la cooperazione internazionale” – Università ebraica di Gerusalemme

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