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L’anti-pedagogia progressista

Evitando le frasette ricorrenti e di circostanza, le polemiche usate, riusciremo, un giorno, ad avere uno sguardo pacificato e sano, sobrio, sulle vicende italiane di questo ventennio? Forse, siamo giunti a quello snodo storico che dovrebbe permettere un redde rationem più illuminato, dopo decenni vissuti pericolosamente, con un piede di qua e l’altro di là, sul filo dell’immoralità politica: sarebbe auspicabile qualche ammissione di responsabilità, per come sono andate le cose, o sono state lasciate andare.

Innanzitutto, non sarebbe il caso che qualcheduno, dall’interno del Partito Democratico, confessasse che le riforme berlusconiane saranno state sgangherate, sì, ma che la direzione nella quale andavano, il più delle volte, era quella giusta? Provavo a ripeterlo ai miei compagni dell’epoca, che mi fissavano, allibiti o schifati. Provavo anche a ripetere che, una volta al governo, avremmo dovuto realizzarle noi, quelle riforme, e che farle fallire, grazie all’aiuto dell’opposizione organizzata dalle forze sindacali, ci avrebbe lasciati in balìa dei loro ricatti, poi.

Esempi? Gelmini non sarà stata simpatica, ma la sua riforma non era tutta sbagliata, e bisognerà proseguire il suo lavoro, infischiandosene dei suggerimenti che provengono dai poteri corporativi e baronali. Brunetta è inutilmente aggressivo, spesso, e parla troppo, va bene, ma ho il sospetto che Renzi e Madia siano stati costretti a ripassare i suoi provvedimenti, e dovranno ripercorrere le sue orme, per dare una sistemata alla pubblica amministrazione. Saranno sindacati amari, lo sappiamo. Chi va a spiegare a Camusso e soci che, oggi, essere progressisti significa tenere la barra dritta e non cedere, non prestare ascolto ai loro editti, e che loro, proprio loro, sono le forze della conservazione?

Immagino la faccia dell’elettore progressista medio e mi chiedo che razza di confusione possa avere in testa: prima, bisognava difendere i gloriosi “tre milioni” del Circo Massimo, eccetera, e mo’? Forse, sarebbe stato meglio dare retta a quelli che, già allora, mettevano in guardia e denunciavano la pericolosità dell’itinerario anti-pedagogico che stavamo allestendo. Chissà come cresceranno, i ragazzi che, in un batter d’occhio, si sono trovati costretti a modificare le proprie idee, riguardo a pressoché tutto: fottendosene della verità e rimpiazzandola con l’opportunità, probabilmente. Cioè, come i loro padri.



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