Riforma renziana della burocrazia statale, legame sempre più stretto fra risultati e stipendi, ruolo fondamentale per l’Italia dei dirigenti, pubblici e privati.
Su tutti questi temi, nell’ambito di una serie di approfondimenti avviati da Formiche.net, ecco l’opinione di Carlo Poledrini, vice presidente di Federmanager (Federazione presieduta da Giorgio Ambrogioni), alla vigilia del X Meeting dei Giovani Dirigenti che si terrà sabato prossimo a Bologna.
Come giudica il progetto governativo di riforma della burocrazia?
Vi è una condivisibile filosofia innovativa sul taglio dei privilegi e sul recupero degli sprechi. Mentre sulla riforma della dirigenza pubblica nutro perplessità.
Perché?
Fin dal suo insediamento l’esecutivo ha puntato il dito contro l’inefficienza della burocrazia, con riferimento ai vituperati manager destinatari di retribuzioni troppo alte. Elemento che in taluni casi è veritiero. Ricordo tuttavia che per molti anni è stata questa dirigenza che ha mandato avanti la macchina dello Stato surrogando in alcuni casi le carenze della politica pur con i vincoli imposti dallo spoil system.
Qual è il punto più convincente del programma?
L’approvazione delle leggi auto-applicative, autentico baluardo contro lo strapotere della burocrazia. Fenomeno scaturito da norme che richiedono regolamenti attuativi, applicazioni ministeriali, interventi di coordinamento affidate agli uffici pubblici che spesso limitano e condizionano fortemente qualunque iniziativa
Quali sono per Federmanager le criticità principali che le imprese devono affrontare nel rapporto con la pubblica amministrazione?
Nel loro ruolo gestionale i manager rappresentano la “prima linea” che si scontra con le difficoltà imposte dall’apparato burocratico alle imprese e subisce quotidianamente il peso di una burocrazia farraginosa e “bizantina”, oltre che di un sistema normativo e regolamentare asfissiante che impone adempimenti, spesso irrazionali, per l’attività delle aziende. Da sempre Federmanager ha sostenuto l’esigenza della semplificazione per liberare risorse da destinare più concretamente a sostegno della competitività del nostro sistema produttivo rispetto ai competitor stranieri che, invece, non subiscono l’aggravio di lacci e lacciuoli e, quindi, risultano maggiormente competitivi.
L’abrogazione del “trattenimento in servizio” di fatto finisce per favorire un ringiovanimento culturale e tecnologico. Vi trova concordi? E Federmanager come si pone di fronte al tema della rinnovamento nella dirigenza privata?
L’obiettivo è condivisibile. Ma attenzione a non perdere un patrimonio prezioso di esperienze e competenze maturato nel corso del tempo senza un contemporaneo percorso formativo ed inclusivo a favore delle giovani generazioni. Ragionamento valido soprattutto per le funzioni manageriali, riguardo alle quali metto in guardia da provvedimenti generalizzati. Penso anche a un ruolo di tutor che i dirigenti giunti in età previdenziale possono svolgere nei confronti delle nuove leve per favorire un corretto ed efficace ricambio. Il ricambio generazionale ed il rinnovamento delle classi dirigenti è un tema molto sentito da Federmanager: sabato prossimo a Bologna terremo il X Meeting dei Giovani Dirigenti che eleggerà i propri vertici per i prossimi 2 anni. In questo momento, come mai in passato, vi è la necessità di favorire al massimo la partecipazione ed il coinvolgimento dei giovani. L’industria italiana – e con essa l’intera economia del Paese sono in condizioni di rilanciarsi proprio per la capacità di innovare che è tradizionalmente prerogativa dei più giovani che Federmanager ha posto al centro della propria azione a supporto della categoria e del Paese.
Condivide l’introduzione di criteri stringenti di mobilità e produttività per i dirigenti pubblici come avviene per i dirigenti privati?
Legare le retribuzioni a risultati, come si fa nel settore privato da anni, è auspicabile nel più breve tempo anche nel comparto pubblico.
E sul tetto di 240mila euro per le retribuzioni dei manager?
L’aumento abnorme degli stipendi riguarda pochissime figure molto esposte ai riflettori mediatici. È legittimo porvi mano, ma generalizzare tale intervento potrebbe produrre situazioni paradossali, per cui chi è al vertice di una struttura rischia di guadagnare una cifra eguale o più bassa delle persone che ricoprono un ruolo subordinato. Ciò che, almeno in questa fase, non è stato considerato a sufficienza è il valore del “merito” che assume nel settore privato una importanza fondamentale e qualificante sempre sostenuta e propugnata da Federmanager.
Pensa che Renzi sia guidato da un’ostilità verso la burocrazia risalente all’esperienza di sindaco?
Non saprei dirlo. Il premier è certo favorito dalla giovane età e dall’aver vissuto in prima persona la realtà locale della pubblica amministrazione. Così ha raccolto gli elementi di conoscenza per intervenire a livello nazionale su quelle che ha conosciuto come criticità nelle sue precedenti esperienze possibili. Tuttavia un conto è la politica economica che può essere messa in atto da una Provincia o da un Comune, un conto è invece la politica economica ed industriale di un Paese complicato ma ancora vitale come il nostro.