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Negozi aperti il Primo Maggio. La polemica che infiamma il Parlamento

Mentre in San Giovanni, a Roma, la musica suona, e i cortei sindacali sfilano in tutta Italia e confronti e dibattiti animano la festa dei lavoratori del 2014, alla Camera si prova a fare retromarcia sul “liberi tutti” introdotto dal governo di Mario Monti con il decreto “Salva Italia” che terrà aperte anche anche le saracinesche di molte attività commerciali della nostra penisola.

Succede da qualche anno in concomitanza con i giorni segnati in rosso sul calendario. Con esattezza dal primo gennaio 2012, da quando i negozi sono stati lasciati liberi di restare aperti quando vogliono, feste comprese.

Il  Primo maggio non fa eccezione: da nord a sud, saranno aperti più della metà degli ipermercati, insegne alla moda come Eataly e grandi catene commerciali. Il motivo è spiegato da una di queste: “L’apertura festiva è una opportunità, anche il Primo maggio”, dicono da Yamamay.

Il sindacato risponde con lo sciopero. Regionale in Toscana, provinciali a tappeto in Emilia Romagna, Lazio e in Umbria dove la protesta è indetta solo dalla Cgil. Sciopera anche il Piemonte, la Liguria e il Veneto e Milano.

Numerosi comitati (Liberiamo la domenica, Domenica no grazie, Salviamo la domenica) animano la protesta che nel frattempo è giunta fino in Parlamento dove la settimana prossima la Commissione attività produttive della Camera sarà intenta a discutere una nuova proposta di legge.

Frutto della sintesi dei testi presentati da Pd, Pdl, M5S e di un articolato di iniziativa popolare promosso da Confesercenti e Cei – ha ricordato ieri il Corriere della Sera – il nuovo testo secondo si basa su tre punti: un numero di feste con chiusura obbligatoria in tutta italia; delega a Comuni e Regioni sulle aperture domenicali e agevolazioni, anche economiche, per il piccolo commercio.


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