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Renzi e quel ponte fra Usa e Ue

Finita la lunga e vincente campagna elettorale, Matteo Renzi può dedicarsi al governo del Paese con maggiore responsabilità ma anche con un arco ricco di un numero di frecce maggiori di quelle che aveva quando è arrivato a Palazzo Chigi. Il plebiscito alle europee non ha solo consolidato la sua leadership interna ma anche e soprattutto sul piano internazionale. La ritrovata stabilità italiana, combinata con le incertezze istituzionali di Francia e Inghilterra, rappresenta una novità non banale che può offrire non pochi vantaggi, sia in ambito finanziario (spread e attrazione investimenti) che più squisitamente politico. L’imminente presidenza del Semestre europeo e l’opportunità di indicare, con accresciuta influenza, nuovi rappresentanti italiani nella governance di Bruxelles sono due elementi “congiunturali” che sembrano proprio come la ciliegina sulla torta.

Come sempre accade, cullarsi sugli allori e adagiarsi sui risultati ottenuti sarebbe un errore. Le elezioni di domenica scorsa sono infatti un punto di partenza e non certo di arrivo. Le relazioni internazionali che il premier ha dovuto necessariamente trascurare in queste prime settimane meritano una concentrazione ed un metodo non superficiali. Renzi può contare in questo senso su due Consiglieri, quello diplomatico e quello militare, che hanno competenze e sensibilità utili a fornirgli tutte quelle informazioni di cui può avere bisogno. Senza contare il ruolo positivo della Farnesina e del Dis. La partita quindi può essere giocata e con profitto. Con la consapevolezza che, se i primi incontri con i leader occidentali sono stati prevalentemente orientati alla reciproca conoscenza e alle giuste photo-oppurtunities, i prossimi non potranno essere improvvisati e richiederanno l’istruzione di precisi dossier.

La voce del nostro Paese può tornare ad avere una certa rilevanza sia nell’analisi e nella definizione di specifici casi di crisi regionali (es.: Libia e Ucraina) che nella tutela degli interessi economici nazionali, sostenendo le imprese italiane sui mercati esteri e immaginando di raffinare il quadro delle alleanze internazionali. Materie complesse come quelle della Difesa che sono state trattate sin qui con un occhio al portafoglio ed uno alla campagna elettorale, possono trovare – anche in Europa – una declinazione ben più puntuale. Quello che è necessariamente fondamentale è avere le idee chiare sul nostro posizionamento nell’ambito dello scacchiere globale.

L’opportunità più grande, e più coerente con la migliore tradizione italiana, è quella di poter svolgere un ruolo di ponte e di dialogo. In particolare, e a maggior ragione considerando gli affanni di Hollande in Francia, il nostro Paese può ambire ad essere un pivot nei rapporti non sempre lineari fra Stati Uniti ed Europa. La notizia della telefonata di Obama a Renzi non sorprende affatto e neppure la circostanza che si incontreranno nuovamente, e a breve. L’argomento più importante sul tavolo dei negoziati fra Washington ed il vecchio continente riguarda il trattato Ttip che ad oggi risulta incagliato in entrambe le sponde dell’Atlantico. E’ improbabile che la situazione si sblocchi rapidamente. Ciò nonostante, o forse proprio per questo, risulta importante lavorare per far avanzare la dimensione strategica del negoziato fra Usa e Ue. Dentro questo framework è possibile poi ragionare dei tanti e specifici dossier. Certamente, l’Italia ha tutto da guadagnarci nel giocare da protagonista attivo. Il momento è quello più propizio. Con un po’ di fortuna e con tanto lavoro, Renzi potrebbe sorprenderci. Ancora.


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