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Aborto, illuminismo renziano e obiezione di coscienza

Il dibattito politico di oggi è interamente dominato dalla discussione sulla legge elettorale, attorno ovviamente all’incontro tra il Pd e il M5S, ritornato in auge nella discussione sulle riforme istituzionali, dopo che la flessione elettorale ha spinto Grillo a proporre il cosiddetto “democratellum”.

Ebbene, nel succedersi rapido degli avvenimenti, rischia di andare in sordina la proposta dei mille giorni per le riforme, presentata ieri dal premier Matteo Renzi. Riascoltandolo attentamente, infatti, superando cioè le abilità retoriche tipiche della persona, emerge un’inedita linea politica della sinistra che può essere debitamente definita come un “nuovo illuminismo”.

Che cosa intendo? E’ semplice. Renzi si propone come il Robespierre che realizzerà una serie di mutamenti formali e sostanziali della società, guidato da una fiducia smisurata nella sensatezza delle sue analisi e previsioni e dalla razionalità della sua capacità organizzativa. In questo, per dirla con l’adagio di Nanni Moretti, finalmente Renzi è qualcuno che sta dicendo – e facendo – qualcosa di sinistra: e che sinistra.

Rappresentare la parte rimanente della legislatura, infatti, come un tempo sufficiente a trasformare l’Italia di sempre, con i suoi pregi e i suoi difetti, nel dover essere da lui immaginato, senza minimamente tener conto di tutto quello che sta nel mezzo, noi e la nostra vita, è la più grande utopia progressista che si ricordi negli ultimi decenni. Per questo Renzi è diventato tanto facilmente il leader europeo del socialismo, ottenendo il plauso perfino di Hollande e della più retrograda sinistra francese.

Questa mia critica molto severa si regge principalmente sul fatto che il premier non tiene in alcun conto della situazione concreta e reale in cui versa il Paese, dei limiti insuperabili, direi antropologici, della classe politica cui appartiene e con cui ha a che fare; e, soprattutto, dimentica i mali che sono stati prodotti sempre quando si è voluto cambiare tutto, attribuendo più fiducia alle proprie idee che alla comunità in cui opera.

E’ vero, è importante in effetti, che le riforme giuste vadano fatte, ma non si può non valutare che alcune modifiche legali e sociali, in passato declinate come toccasana, si sono rivelate utopici fallimenti, scelte dispotiche e autoritarie. E questa è proprio la tragedia ideologica dell’illuminismo globale che egli incarna adesso in Italia.

Un caso emblematico di fallimento completo delle istanze razionaliste della sinistra è, ad esempio, la famosa legge 194, quella, per capirsi, che disciplina l’interruzione di gravidanza. Fatta per limitare il dramma degli aborti clandestini, in nome di una battaglia di civiltà, questa sorta di remendium peccatorum ha determinato progressivamente un abuso interpretativo che l’ha trasformata in un modo efficiente per abortire legalmente e senza responsabilità, in mancanza soprattutto di supporti morali idonei e del concorso di solidarietà che la società nel suo insieme avrebbe dovuto garantire, secondo la legge, tanto ai medici quanto alle pazienti.

E’ notizia recente, ad esempio, che la giunta Zingaretti, davanti all’aumento progressivo delle obiezioni di coscienza dei medici, arrivato addirittura al 90%, abbia imposto per decreto l’obbligo ai medici di prescrivere tutte le forme di contraccezione che sono necessarie per praticare preventivamente l’aborto, ivi compresa la tanto problematica “pillola del giorno dopo”.

Insomma, un medico ha il dovere di tutelare la libertà di una donna incinta all’interruzione della gravidanza, ignorando i diritti del nascituro, anche quando è convinto in coscienza che si tratti di un atto criminale, incompatibile con la propria vocazione etica e professionale alla salute di ogni persona. Non importa, a conti fatti, cosa pensi il singolo dottore, se sia o no persuaso che si stia perpetrando la soppressione di una vita umana. Quello che vale è unicamente la soddisfazione della libertà della madre di emanciparsi come donna, anche se questa volontà si consuma calpestando la vita di un altro essere umano.

Ma è questo il cammino di riforme che la sinistra vanta di voler realizzare sotto la guida Renzi?

Sembra di sì. Perché, a ben vedere, quest’ultimo intervento del Lazio ha un’enorme importanza per capire come ragiona oggi la sinistra di governo, sia che si tratti di valori così grandi, come quelli concernenti la dignità della persona umana, sia che si tratti del diritto di famiglia oppure di semplici, si fa per dire, riforme sociali e istituzionali. La cosa importante è che si vada speditamente verso la direzione di progresso stabilita, solo presunta però, di cui ideologicamente si fanno interpreti gli attuali eredi dell’illuminismo. Non ha alcun valore, invece, la valutazione profonda della problematicità che hanno certe scelte, soprattutto quando divengono leggi che permettono la soppressione della vita, la derubricazione della famiglia a mero contratto privato, e così via.

Bisogna battersi, in definitiva, affinché, non solo in casi come quello dei medici o dei farmacisti, ma anche in quello dei Magistrati e degli insegnanti, l’obiezione di coscienza sia un principio di libertà assolutamente fondamentale e incancellabile. Significa riconoscere, infatti, che su certe questioni non c’è una ricetta valida per tutti, non c’è un destino ultimo prefissato dalla politica, non c’è un dover essere che dobbiamo perseguire obbligatoriamente sopra la volontà e l’intelligenza di ciascuno. Esistono semmai singoli problemi, singole difficoltà e singole responsabilità personali: di una madre, di un dottore, di un malato, di due genitori. Per questo è tanto importante affermare che la coscienza è il giudice ultimo nelle scelte personali, perché equivale a riconoscere che, sebbene sia difficile decidere, si può fare la scelta giusta, purché però si agisca sempre con piena conoscenza e libertà, ossia con la totale consapevolezza della drammaticità delle implicazioni che derivano quanto si decide male.

Se, allora, il criterio in materia di obiezione di coscienza, abrogato e ucciso dal decreto Zingaretti, è il medesimo con cui Renzi affronterà le grandi sfide istituzionali, economiche ed etiche, che presto arriveranno al pettine, è molto chiaro il ruolo che il centrodestra deve avere: opporsi a questo nuovo illuminismo, riaffermare il valore reale della vita personale e familiare, difendere la qualità che possiede la coscienza di ciascuno, secondo le proprie responsabilità, nel definire l’umanità della nostra vita in comune.

A un’Italia promessa come migliore, ma senza libertà, è opportuno preferire un riformismo intelligente, meno velleitario magari e sfolgorante di quello renziano, ma fedele all’umanesimo e al vero patrimonio etico che ci contraddistingue.



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