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Vi spiego perché l’Occidente ha bisogno di un nuovo umanesimo. Parla Brooks (AEI)

Arthur Brooks, 50 anni, è il presidente dell’American Enterprise Institute di Washington DC, uno dei pensatoi più importanti d’America, con un budget annuo di 50 milioni di dollari e 200 collaboratori.
È stato ospite di due conferenze organizzate a Roma e Milano dall’Istituto Bruno Leoni in collaborazione con il Centro Studi Tocqueville-Acton, dove ha presentato il suo nuovo libro, “La via della Libertà” (Rubettino), un sorta di manifesto di un’America che può rinascere ritrovando il suo spirito originario fatto di libertà, meritocrazia, libera iniziativa.
Nella capitale, durante una conversazione con Formiche.net, Brooks spiega perché rifondare oggi il capitalismo e la destra – non solo statunitensi – non è un obbligo economico, ma morale.

Brooks, perché – come scrive nel suo libro – secondo lei in Occidente c’è un deficit di libertà economica e personale? E perché solo la destra può colmarlo?
Io credo nella necessità di creare una nuova visione dalla destra, negli Stati Uniti e nel mondo. Nell’epoca di Thomas Piketty la sinistra è divenuta completamente materialista, crede che il valore dell’uomo dipenda dall’eguaglianza materiale. Non possiamo rispondere a questo con più materialismo, con la contabilità finanziaria e parlando solo della crescita del prodotto interno lordo. Dobbiamo parlare delle cose realmente importanti della vita, ciò che i dollari non possono comprare come l’essere individui liberi. La migliore opportunità che abbiamo per ricostruire la società è che la destra risponda al materialismo di sinistra con un nuovo Umanesimo.

ARTHUR BROOKS PRESENTA IL SUO LIBRO A ROMA. LE FOTO DI PIZZI

A differenza degli Usa, nell’economia europea il sostegno dello Stato conta ancora molto. Come viene visto oltreoceano il Vecchio Continente?
Il problema con l’economia europea è la sua connotazione troppo socialdemocratica. È molto difficile superare la recessione in queste condizioni. Le economie del Vecchio Continente, ma in parte anche quella americana, sono paralizzate a causa di un eccesso di regolamentazione e questo rende molto difficile la ripresa economica dei Paesi. Abbiamo bisogno di maggiore libertà di impresa.

Un accordo come il Ttip potrebbe agevolare un percorso di crescita comune e più omogenea di Usa ed Europa?
Un accordo di libero scambio commerciale può solo aiutare tutte le parti, quindi più accordi di questo tipo facciamo, meglio è. Capisco chi ha dei dubbi. Logicamente le intese come queste producono anche dei contraccolpi, ma il libero commercio fa crescere l’economia e crea molte opportunità, questo è un aspetto positivo che non si può trascurare.

In questa collaborazione potrebbe rientrare anche shale gas e shale oil, potenziali game changer di molte crisi attuali, a cominciare da quella ucraina?
Certo. Per quanto riguarda l’energia, non è l’energia rinnovabile l’energia più innovativa. L’energia rinnovabile è ok ma non c’è innovazione nell’energia solare o eolica. La vera innovazione energetica sono lo shale gas e lo shale oil. Più lo sviluppiamo, più indipendenza energetica raggiungeremo. Non abbiamo bisogno dell’indipendenza energetica italiana, europea o dell’Occidente presi separatamente. L’Italia e gli Usa saranno sempre uniti, non può essere altrimenti. Quindi più gli Stati Uniti riescono ad avere energia, meglio sarà per l’Europa. L’Europa potrà sempre contare sull’aiuto americano.

Come giudica la politica estera dell’Amministrazione Obama?
Guardi cosa è accaduto in Siria e cosa succede a Kiev, in Libia, ma anche in Iraq. Tutte situazioni differenti, ma che testimoniano la scarsa volontà di occuparsi di alcuni problemi e di prendere delle serie decisioni. L’America deve svegliarsi prima che sia troppo tardi. All’orizzonte ci sono tanti dossier da affrontare, dal terrorismo di Al Qaeda ai rapporti con la Cina, che a breve sarà alle prese con problemi demografici, un governo instabile e un’economia asimmetrica che non può continuare a crescere.

Nell’ospedale Europa, uno dei malati più gravi forse è proprio l’Italia. Come viene vista l’economia del nostro Paese negli Stati Uniti? E cosa dovrebbe fare per attrarre maggiori investimenti?
Il vostro è un Paese amico, con cui intratteniamo rapporti strettissimi e in cui crediamo molto. Ha tutte le carte in regola per affermarsi sul mercato globale. Però – ed è uno schema valido per tutti i Paesi – bisognerebbe creare più incentivi per fare business, dobbiamo essere più seri nella creazione di posti di lavoro, dobbiamo ricordarci che non è da furbi pagare la gente affinché non lavori e dobbiamo migliorare il sistema educativo per le prossime generazioni, in sostanza dobbiamo costruire il futuro e generare opportunità per le persone, opportunità di lavoro, questa è l’unica risposta possibile. Il grande problema che abbiamo in Italia, e non solo, è che stiamo perdendo una generazione di persone produttive. La ragione fondamentale è che i nostri governi vedono le persone come ostacoli e non come risorse. Vedono i cittadini come ostacoli, gente di cui si devono occupare e questa è proprio l’attitudine sbagliata che conduce a politiche sbagliate. La domanda che dovrebbero porsi invece è: cosa posso fare perché imprese e persone siano in grado di mettersi a lavorare? Questo è il tipo di politiche che porta i Paesi a essere di nuovo produttivi e questo è il segreto della ripresa, non solo economica ma anche sociale.

ARTHUR BROOKS PRESENTA IL SUO LIBRO A ROMA. LE FOTO DI PIZZI

Torniamo al suo libro, e alla sua visione di società. Crede possa essere un contributo alla corsa della destra americana alle prossime presidenziali? E come commenta la sconfitta inattesa del leader repubblicano Eric Cantor alle primarie della Virginia, a opera di un professore sostenuto dai Tea Party?
L’AEI ed io siamo indipendenti. Ma abbiamo l’obiettivo di far riconquistare il centro a una serie di valori, prima ancora che di politiche. È questo il contributo che spero possa dare il mio libro. Il capitalismo di cui la destra era portatrice non aiuta più i ceti sociali più poveri, che lavoravano duramente per avere un domani migliore, con sacrificio e confidando in una società meritocratica. La sconfitta di Cantor è da leggere anche in quest’ottica. Attorno a queste idee dovrebbe ritrovarsi una New Right.

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