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Ecco i princìpi di un centrodestra leopoldino. Parla Sofia Ventura

La rigenerazione e il rilancio del centro-destra passa per l’affermazione di una robusta e limpida identità conservatrice sul terreno delle libertà civili e dei temi “eticamente rilevanti”? La tesi prospettata dallo storico della filosofia Benedetto Ippolito su Formiche.net ha aperto una riflessione animata e a più voci.

La più critica è quella di Sofia Ventura, professoressa di Scienza politica all’Università di Bologna, che sulle pagine de L’Espresso ha svolto una riflessione acuta e originale riguardo la proposta di “Leopolda Blu”.

Lo schieramento moderato deve essere edificato su valori non negoziabili?

No. Mi chiedo perché nel tentativo di ripensare il centro-destra si voglia costruire un’identità etica forte. Viviamo un’epoca di identità multiple, che percorrono tutti gli schieramenti. È anacronistico concepire una forza politica in termini che allontanano una parte rilevante di cittadini.

Chi?

Le persone che si riconoscono in una prospettiva di riduzione del ruolo dello Stato e del fisco nell’economia e nella società. Temi che un liberale ritiene cruciali, mentre si troverebbe a disagio rispetto a un’identità etica conservatrice, condivisa peraltro da esponenti del centro-sinistra portatori di una visione invasiva e redistributiva delle istituzioni pubbliche.

Teme una deriva fondamentalista?

Le formazioni conservatrici europee nutrono posizioni più timide rispetto ai partiti progressisti sulle problematiche civili ed eticamente sensibili. Ma sono più pragmatici. Pensiamo ai Conservatori di David Cameron o all’UMP di Nicolas Sarkozy, fautori di tesi avanzate se non libertarie nel terreno della libertà e dell’auto-determinazione personale. Muovendosi in un’ottica contraria, la destra italiana finirebbe per isolare se stessa. E farebbe entrare la politica nel terreno metafisico.

È un orizzonte molto lontano da quello prefigurato da Benedetto Ippolito.

Ippolito fa riferimento a Dio e soprattutto alla Natura. Nozione, quest’ultima, che non esiste, trascende le persone nella loro concretezza, e ha sempre rappresentato nella storia del pensiero il luogo da abbandonare per salvaguardare la libertà e la vita degli uomini. Un passaggio che grazie a una convenzione artificiale ha portato alla creazione della società. È il contrattualismo che precede il costituzionalismo. Al contrario il filosofo parla di famiglia e comunità come realtà naturali. Mentre la famiglia uomo-donna ha impiegato secoli per affermarsi.

Non è giusto combattere il relativismo etico e culturale?

È necessario chiarire cosa intendiamo per relativismo. Non si possono contrabbandare come evidenti in sé valori che non sono ampiamente o universalmente condivisi. Una destra moderna dovrebbe ricercare i principi di fondo comuni, fissare paletti rigorosi per garantire la libertà e la dignità delle persone, regolare le forme plurali di convivenza.

Come dovrebbe comportarsi il centro-destra sulle unioni civili e le frontiere del fine vita?

Partire dalla consapevolezza popolare della coppia come perno della società civile. Ed escludere ogni forma di poligamia. Riguardo ai temi del testamento biologico e dell’accanimento terapeutico, è necessario riconoscere la libertà di scelta su noi stessi in condizioni estreme. Stato in cui spesso la vita non è più voluta dal paziente e dai suoi familiari.

Ma non vi è il rischio di annacquare i confini tra centro-destra e un PD divenuto più riformista nel terreno economico-sociale?

Marcare con forza precisi valori etici soltanto per distinguersi dal Partito democratico di Matteo Renzi è poca cosa. Poi ben venga che destra e sinistra si assomiglino nel riconoscimento del mercato e del merito come accade nelle democrazie anglosassoni. Tuttavia una divaricazione culturale, come spiegato da Norberto Bobbio, potrebbe trovarsi nel prevalere dell’eguaglianza nel campo progressista e nel primato della libertà conferito dalle forze conservatrici. Per le quali in Italia vi sarebbero ampi spazi.

Ampi spazi?

Certo. Il governo Renzi ha rinunciato a un’iniziativa liberale nel terreno del fisco. Non ha promosso un nuovo patto tra cittadini e Stato fondato su istituzioni leggere, taglio della spesa pubblica, auto-governo della società. Ecco, su tutto ciò la destra potrebbe marcare un profilo netto. Altro tema è la giustizia, che il PD vede legata alla lotta contro i fenomeni di corruzione ed è restio a considerare come strumento di garanzia dei diritti individuali.

Lei parla dei capitoli su cui il centro-destra ha registrato un fallimento storico.

Si tratta esattamente delle bandiere della “rivoluzione liberale” promessa nel 1994 da Forza Italia. Un progetto basato sull’idea dell’individuo liberato dal peso di uno Stato inefficiente e parassitario. Non sulla lotta contro il relativismo in nome dei valori non negoziabili. E per questa ragione ebbe un successo straordinario e sorprendente. Economia, mercato e giustizia potrebbero conferire nuovo slancio all’offerta politica del centro-destra. Che però ha fallito.

Perché?

Forza Italia, così come Gianfranco Fini, ha ritenuto che l’elaborazione culturale non fosse rilevante per l’iniziativa politica. E così gli interessi organizzativi e oligarchici hanno preso il sopravvento. L’unica eccezione è stata incarnata da Domenico Mennitti, che con la rivista di cultura politica “Ideazione” fu protagonista di una stagione ricca e feconda per lo sforzo di coinvolgere in una riflessione comune persone con percorsi e storie differenti.

Gianfranco Fini vuole rientrare nell’agone politico.

Ricordo un Tweet in cui ho scritto “Perché?”. Nella vita politica bisognerebbe ammettere di aver perso. Non nutro alcuna fiducia in una persona che ha dissipato un patrimonio politico. Ma è uno dei tanti che si muovono nella galassia partitica.

Elezioni primarie potrebbero costituire la strada giusta per scegliere un leader realmente innovatore?

È difficile pensare a una road map per il centro-destra. E poi primarie fra chi? Tra Fratelli d’Italia, Forza Italia saldamente in mano a Silvio Berlusconi, la Lega Nord che ha abilmente assunto posizioni di destra estrema? Cosa vi è di liberale fra loro? Forse esistono elementi liberali nel Nuovo Centro-destra, a parte le tesi sui temi etici e stendendo un velo pietoso sulla mancanza di un vero leader oltre che sull’allineamento al potere.

Non vede figure convincenti?

Le personalità che potrebbero vincere eventuali consultazioni sono Giorgia Meloni, che ha una storia di estrema destra, e Raffaele Fitto, portatore di un modello politico democristiano. A meno che non arrivi un outsider in grado di sorprendere tutti. Resto però scettica, perché ancora non si è toccato il fondo. È necessaria un’ulteriore destrutturazione che lasci spazio ai fermenti giovanili messi in moto nella galassia del centro-destra.

Una riforma semi-presidenziale potrebbe essere il collante per una ricomposizione e rilancio dell’alleanza?

Sarebbe forse l’unico obiettivo su cui scommettere. Alla luce dell’esperienza francese tra e  Repubblica, prevedere l’elezione popolare del Capo dello Stato con responsabilità di governo pur mantenendo la fiducia del Parlamento avrebbe un effetto destabilizzante. Metterebbe fuori gioco alcuni attori, ne porterebbe altri sulla scena, promuoverebbe nuove aggregazioni anziché la sommatoria di partiti esistenti. E rappresenterebbe un incentivo per chi ha filo da tessere.

È fiduciosa nella possibilità di portare a compimento tale progetto?

Il centro-destra gioca da anni a intermittenza con le riforme istituzionali, secondo le convenienze contingenti. Sarebbe molto utile se le forze moderate agissero con convinzione e premessero in quella direzione sul premier, che con il suo pragmatismo potrebbe accogliere la proposta. Anche se il PD e l’entourage del ministro Maria Elena Boschi restano ancorati a una forma di governo parlamentare.

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