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Chi è Benedetta Arese Lucini, la top manager di Uber che inquieta i tassisti e seduce i consumatori

La tecnologia può far crollare i monopoli? L’interrogativo riassume il valore della scommessa lanciata da “Uber”, l’applicazione che permette di viaggiare nelle grandi città con auto eleganti e nei tempi scelti dagli utenti. Automobili di pregio, guidate da conducenti anche non professionali, con tariffe più elevate dei taxi ma pari alla metà rispetto ai mezzi a noleggio.

Avvicinare domanda e offerta

Scaricabile su smartphone e tablet, il sistema utilizza la rete Gps per rintracciare il veicolo più vicino e prenotarlo con rapidità. Il prezzo della corsa viene concordato preventivamente e pagato on line con carta di credito. Una volta giunti a destinazione, è possibile scrivere in Rete un giudizio sulla qualità del servizio. Concepita per ridurre i tempi di attesa e favorire l’incontro tra autisti e viaggiatori, l’app si rivolge soprattutto a una clientela medio-alta. Lo standard dell’offerta è garantito dalla compagnia di gestione del trasporto.

Una start-up di successo

Creata a San Francisco nel 2009, Uber si è sviluppata in 36 centri urbani del pianeta registrando un fatturato di 12 miliardi di dollari. Ma la sua diffusione ha provocato reazioni negative da parte dei tassisti, che si sono visti sottrarre una fetta rilevante di mercato costituita da uomini d’affari. Le cifre ne sono una prova eloquente. A New York un automobilista che usa il dispositivo telematico guadagna fino a 90.766 dollari all’anno, a fronte dei 38.357 di un tradizionale conducente di “macchine gialle”.

Grazie alla natura di città a vocazione internazionale fortemente proiettata verso il business, Milano ha visto una clamorosa affermazione dell’innovativo metodo di trasporto urbano. Ed è nella “Capitale morale” del nostro paese che l’azienda statunitense ha potuto creare una presenza stabile, tramite una robusta realtà aziendale come “Uber Italia”.

Una manager con straordinaria esperienza internazionale

A partire dal marzo 2013 la sua amministratrice delegata è la trentenne milanese e bocconiana Benedetta Arese Lucini. Una giovane che ha assimilato un’attitudine cosmopolita fin da bambina, grazie a numerosi viaggi e programmi studio in giro per il mondo che le hanno permesso un apprendimento naturale della lingua inglese. Nel corso degli anni Benedetta è riuscita a coniugare formazione, opportunità professionali e passioni muovendosi tra Dublino e Kuala Lumpur, California e New York.

Le sue competenze abbracciano la finanza e il capitale di rischio, i media digitali e la produzione di film. Laurea in Economia internazionale all’Università Bocconi e specializzazione all’University College di Dublino in Finanza e Matematica, comincia la sua carriera lavorativa in Investment Banking alla Morgan Stanley di Londra. Si trasferisce a New York per frequentare un Master alla Stern School of Business e due corsi di perfezionamento in Fine Arts e Film Producing.

Forte di questo bagaglio di conoscenze si sposta a San Francisco e nella Silicon Valley, dove opera presso Credit Suisse nel percorso di creazione di nuove imprese tecnologiche e mediatiche. Sceglie una start-up del commercio elettronico, la Rocket Internet specializzata negli scambi in tutto il Sud-Est asiatico, per andare a vivere in Malesia e affrontare un mondo molto competitivo con forte impronta maschile.

Gli obiettivi di Uber Italia

Al termine di 10 anni di spostamenti e cambiamenti, Arese Lucini decide di tornare in Italia come General Manager di Uber.

Realtà imprenditoriale che non ritiene concorrenziale ma complementare al trasporto su taxi. L’obiettivo che anima l’azienda, spiega l’ad, è ridurre il traffico privato e la penuria di parcheggi nelle grandi città migliorando la qualità dell’ambiente. Lo sguardo è rivolto all’appuntamento strategico di Expo 2015 e agli 8 milioni di visitatori previsti. La scommessa è estendere il servizio ai centri urbani più ridotti.

La manager milanese è convinta della bontà dell’iniziativa. E ne rivendica le caratteristiche peculiari: “Le autovetture impiegate devono avere meno di cinque anni e appartenere ai marchi Mercedes, Bmw, Audi. Gli autisti sono scelti tramite un’attenta valutazione della conoscenza della città e della cortesia. Tutti sono muniti di autorizzazione per il noleggio con conducente e possono percorrere le corsie preferenziali. Sono tenuti a partire dalle autorimesse per andare a prendere il cliente.

Bufera a Milano

L’avvento dell’applicazione che potrebbe rivoluzionare il mercato dei trasporti pubblici locali, troppo a lungo cristallizzato per il prevalere di rendite corporative, ha alimentato negli addetti ai lavori un ginepraio di reazioni furibonde. Risposte che hanno trovato sponda in un fronte politico-istituzionale eterogeneo.

Rappresentanze dei tassisti e degli autisti a noleggio puntano il dito contro l’ampio margine di discrezionalità consentito a Uber Italia per negoziare la tariffa. Un regime di mercato stridente con le rigorose tabelle di prezzi adottate per le “auto gialle” da ogni amministrazione comunale.

Le organizzazioni sindacali come la CGIL denunciano la volontà di puntare sulla fascia di consumatori più redditizia. E paventano il rischio di un incremento dei costi per i clienti residui, abituati a usufruire di un servizio pubblico in ogni ora del giorno, nei luoghi più periferici e difficili di una metropoli.

La bocciatura della politica italiana

Proteste e scioperi promossi contro il nuovo servizio hanno spinto la giunta di Milano a convocare a fine maggio un vertice straordinario tra istituzioni e categorie professionali coinvolte.

Riunione che ha visto il primo cittadino Giuliano Pisapia, il governatore della Lombardia Roberto Maroni e il responsabile nazionale delle infrastrutture Maurizio Lupi convergere su una condanna dell’applicazione. Arrivando a parlare, con l’esponente del governo, di “esercizio abusivo della professione”.

L’appoggio di Bruxelles

Argomentazioni che trovano una netta ostilità negli esponenti delle istituzioni europee. A partire dal Commissario Ue per l’Agenda digitale Neelie Kroes, che ha chiesto all’Italia di non bloccare l’app e di “non assecondare il ricatto dei tassisti milanesi”.

L’escalation delle proteste

Lo scambio polemico di punti di vista ha inevitabilmente rinfocolato il tono delle proteste, che hanno assunto una virulenza e crudezza inedite.

A marzo sono apparsi nel capoluogo lombardo manifesti dal sapore diffamatorio con lo slogan “Benedetta go home”. Poche settimane fa Lucini è stata soggetta a contestazioni, lanci di uova, fumogeni, cori da stadio al grido di “Benny ‘a canaglia” e “Saremo il vostro New Vietnam” provenienti da numerosi tassisti.

Perché – chiedono sdegnato gli autisti di “macchine bianche” – viene permessa un’attività di trasporto a chi non è in regola mentre un’intera categoria professionale paga le tasse, rispetta un regolamento, subisce controlli, applica tariffe fisse e tassametro, contrae un mutuo per finire di pagare la licenza?

“Vado avanti nella sfida della modernità”

Accuse che non incrinano il convincimento e la pervicacia della numero uno di Uber Italia: “Mi minacciano, ma il mercato ha già scelto. L’app è il futuro. Le stesse auto a noleggio con conducente utilizzano il nostro servizio. La mobilità si è evoluta e si sono moltiplicati gli strumenti telematici per il trasporto”.

Uno spiraglio di dialogo

E se a beneficiare dell’applicazione fossero anche i tassisti? La proposta avanzata da alcune organizzazioni sindacali delle “auto gialle” in una lettera aperta alla general manager potrebbe prefigurare uno sbocco virtuoso per la difficile vertenza.

L’azienda – scrivono i responsabili di CISL, UIL, UGL e CISAL – segue la logica di una centrale radio taxi ma utilizza mezzi di distribuzione delle chiamate più moderni. Ragion per cui può rivolgersi a chi fornisce legalmente il servizio di trasporto urbano.

L’ostacolo è rappresentato dalla tariffa, che dovrebbe essere sottratta alla logica del mercato e restare fissa a prescindere dalla richiesta. Prospettiva che difficilmente sarebbe accettata dall’impresa.

Una risposta incoraggiante

Per ora, tuttavia, la reazione giunta dalla multinazionale è improntata a una prudente disponibilità. “Siamo pronti ad aprire l’app ai taxi”, spiega il Ceo di Uber Ryan Graves.

E Benedetta Lucini, rilevando come il cambiamento comporti incertezze e preoccupazione per il lavoro, ricorda che l’innovazione crea nuove opportunità per tutti gli operatori. Compresi gli autisti delle “macchine bianche”.

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