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Ecco come la Chiesa si prepara al Sinodo sulla famiglia

Ha richiesto otto mesi di lavoro la pubblicazione dell’Instrumentum laboris del prossimo Sinodo straordinario del vescovi, in programma a Roma dal 5 al 19 ottobre prossimi. Un testo, quello presentato questa mattina in Vaticano, corposo e diviso in tre parti che fungerà da traccia per i padri sinodali nelle loro discussioni.

“SCARSA CONOSCENZA DELL’INSEGNAMENTO DELLA CHIESA”

“Il riscontro della scarsa conoscenza dell’insegnamento della Chiesa domanda agli operatori pastorali una maggiore preparazione e l’impegno a favorirne la comprensione da parte dei fedeli”, ha detto il cardinale Lorenzo Baldisseri (che del Sinodo è il segretario generale), illustrando la prima parte del documento, dedicata al Vangelo della famiglia. “Le difficoltà che insorgono a proposito della legge naturale – ha aggiunto – possono venir superate mediante un più attento riferimento al mondo biblico, ai suoi linguaggi e forme narrative e alla proposta di tematizzare e approfondire il concetto, di ispirazione biblica, di ordine della creazione come possibilità di rileggere in modo esistenzialmente più significativo la legge naturale”.  L’obiettivo è dunque quello di mettere in luce “la bellezza della vita familiare”, e oggi “appare quanto mai urgente l’accompagnamento del nuovo desiderio di famiglia che si accende nelle giovani generazioni”.

LE SFIDE PASTORALI INERENTI ALLA FAMIGLIA

Ma è la seconda parte, quella che affronta “le sfide pastorali inerenti alla famiglia”, a rappresentare il capitolo più delicato sul quale prevedibilmente il confronto assembleare sarà più serrato. Si parla di crisi della fede, situazioni critiche interne, pressioni esterne ed altre problematiche. “Urge permettere alle persone ferite di guarire e di riconciliarsi, ritrovando nuova fiducia e serenità. Di conseguenza – ha aggiunto il card. Baldisseri – serve una pastorale capace di offrire la misericordia che Dio concede a tutti senza misura. Si tratta dunque di proporre, non imporre; accompagnare, non spingere; invitare, non espellere; inquietare, mai disilludere”.

LA QUESTIONE DEI DIVORZIATI RISPOSATI

Ampio spazio, nell’Instrumentum laboris, è riservato alla questione dei divorziati risposati, fattispecie rientrante in quelle “situazioni di irregolarità canonica” vissute “con noncuranza” da “un numero consistente” di rispondenti al questionario. Tanti, però, si legge nel documento, si sentono emarginati e si domandano perché altri peccati vengono perdonati e questo no, avvertono il divieto di accedere ai sacramenti come una punizione e, di conseguenza, aprono la via a una mentalità rivendicativa nei confronti dei sacramenti stessi.  La soluzione può venire dalle proposte delle conferenze episcopali, alcune delle quali domandano nuovi strumenti atti a esercitare “misericordia, clemenza e indulgenza” riguardo le nuove unioni. Obiettivo fondamentale, si legge ancora, è di non alimentare l’idea di un “divorzio cattolico”.

“PARLARE DI DIVORZIO CATTOLICO SIGNIFICA BANALIZZARE”

A questo proposito, mons. Bruno Forte, segretario speciale del Sinodo, ricordando che “la vera urgenza pastorale è quella di permettere a queste persone di curare le ferite, di guarire e di riprendere a camminare insieme a tutta la comunità ecclesiale”, ha osservato che “tutto questo non ha nulla a che vedere con lo slogan banalizzante di ‘divorzio cattolico’, di cui alcuni hanno parlato in rapporto a quanto il Sinodo potrà proporre: la medicina della misericordia non è mai finalizzata a favorire i naufragi, ma sempre e solo a salvare la barca sul mare in tempesta e a dare ai naufraghi l’accoglienza, la cura e il sostegno necessari”. Se non si comprende questo –ha aggiunto mons. Forte – “si equivocherà irrimediabilmente quanto il Sinodo potrà dire sulla situazione dei separati, dei divorziati, dei divorziati risposati, delle convivenze, delle unioni di fatto o delle unioni fra persone dello stesso sesso”.

NO ALLE UNIONI OMOSESSUALI

Come ampiamente prevedibile, l’Instrumentum laboris ribadisce che nei casi controversi la Chiesa devo porsi non come “giudice che condanna”, bensì come “madre che accoglie i suoi figli”, sottolineando altresì che “il non potere accedere ai sacramenti non significa essere esclusi dalla vita cristiana e dal rapporto con Dio”. Punto fermo è il no totale espresso da “tutte le conferenze episcopali” all’introduzione di una legislazione che permetta le unioni tra persone dello stesso sesso, ridefinendo così il matrimonio tra un uomo e una donna. Importante, però, avere un “atteggiamento rispettoso e non giudicante” nei confronti di queste persone. Rilevante, a tale proposito, è l’assenza di programmi pastorali adeguati, trattandosi di una di quelle “fattispecie inedite” di cui la Familiaris Consortio giovanpaolina non s’era occupata nel 1981.

NECESSARIO RIBADIRE IMPORTANZA DELLA HUMANAE VITAE

La terza parte si sofferma sulla “apertura alla vita e la responsabilità indicativa”. Punto di partenza, è la constatazione di come la dottrina cattolica sull’apertura alla vita da parte degli sposi sia poco conosciuta nella sua dimensione positiva e quindi considerata un’ingerenza nella coppia e una limitazione all’autonomia della coscienza”. Secondo quanto detto dal cardinale Lorenzo Baldisseri, “si fa notare la necessità di presentare il positivo quadro di fondo che sostiene la Humanae Vitae, che consiste nella paternità e maternità responsabili, alla luce del quale ci si orienti a scegliere il metodo più adeguato per la regolazione delle nascite, in accordo con la tollerabilità fisica e la reale praticabilità”.


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