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Ecco come l’industria farmaceutica può essere la medicina giusta per il Pil

Leadership della capacità produttiva, nelle esportazioni e sul fronte di Ricerca&Sviluppo nell’industria farmaceutica e in quella delle tecnologie medicali. Sono questi gli ambiti di eccellenza con cui l’Italia, e l’Europa, competono ai massimi livelli con le più grandi potenze economiche mondiali.

Per questo in occasione del Convegno “Crescere in salute in Italia e in Europa. Le priorità del semestre di presidenza italiana dell’UE”, promosso da I-Com – l’Istituto per la Competitività guidato da Stefano da Empoli  è emersa la necessità di costituire un Sistema Sanitario Europeo per consolidare e tutelare tale posizione.

COME STA L’INDUSTRIA DEL FARMACO

Lo studio I-Com, curato da Stefano da Empoli, Davide Integlia e Nicola Salerno, mette in luce la dimensione dell’industria del farmaco nei mercati europei e mondiali e l’impatto su variabili macroeconomiche, sistemi sanitari e filiere produttive. Ne scaturisce una fotografia particolarmente accurata e solida (aggiornata al 2012). In cifre:

L’Europa (210 miliardi €) supera USA (143 miliardi €) e Giappone (68 miliardi €) per capacità produttiva, con un trend di crescita del 22% rispetto al 2005. Tra il 2005 e il 2012, gli investimenti in R&S sono cresciuti del 38% in Europa, del 17% in Giappone e del 6% negli USA. Anche l’Italia esprime un trend positivo (+22%) ma tra i più bassi in Europa. Nel 2012 l’Europa conferma la propria maggiore propensione ad investire (30 miliardi spesa complessiva).

LA PRODUZIONE FARMACEUTICA

Per produzione farmaceutica, la Svizzera si posiziona al primo posto in Europa (17%), seguita da Germania (13,7%) e Italia (12,2%). Nel nostro paese, la produzione si è attestata su un totale di 25,7 miliardi €, con un trend di crescita del 19% rispetto al 2005: un dato positivo a fronte della decrescita registrata da paesi come la Francia (-35%). Le esportazioni si attestano per l’Italia su 17,2 miliardi €, mentre Germania e Svizzera insieme concorrono ad un terzo dell’export farmaceutico totale (107 miliardi €).

GLI EFFETTI SULL’ECONOMIA

Il contributo della spesa farmaceutica sul Pil dei principali paesi europei è dell’1% circa, grazie alla spesa in produzione, ricerca, beni intermedi e salari. Solo la Svizzera contribuisce per un valore pari al 5%, in virtù di una capacità produttiva e di investimento ben sopra la media. Complessivamente, l’impatto del settore sul valore aggiunto varia dai 23 miliardi della Svizzera ai 9,6 miliardi della Spagna. Per l’Italia il dato sorpassa di poco i 14 miliardi di €, superiore alla media degli altri produttori europei.

Il maggiore moltiplicatore di spesa è quello italiano: per ogni euro speso per la produzione farmaceutica, si generano 2,09 euro ripartiti su tutti i settori dell’economia nazionale. Per questa ragione, l’impatto della spesa sulla produzione è in Italia superiore a quello svizzero (33,1 miliardi € contro 32,8 miliardi €). La spesa per la produzione farmaceutica ha creato 168.000 posti di lavoro in Italia, 153.000 in Germania, 113.000 nel Regno Unito, mentre l’Italia è indietro rispetto ai partner europei sulla ricerca, con un investimento inferiore a 1,5 miliardi € l’anno, pari al 6,6% degli investimenti totali nella R&S contro l’11,6% della Francia e il 16,5% del Regno Unito.

PREVENZIONE

Dal sondaggio si evince come una valutazione sulle politiche di prevenzione implementate dalle Regioni vede il Nord Est (57,7%) confermare l’esistenza di programmi di screening, a fronte di una media nazionale del 32,6%. A Sud, solo il 24,6% degli intervistati ha affermato di essere stato coinvolto in iniziative di questo tipo.
Il 55,5% del campione ritiene che i servizi sanitari dovrebbero essere pagati attraverso la fiscalità generale e non tramite il ticket. Per il 29,2% il ticket è uno strumento legittimo, in quanto deterrente rispetto all’eccesso di prescrizioni inutili. Per il 14,5% è necessario ai fini della sostenibilità del SSN. In tutte le aree geografiche si ritiene che lo Stato debba essere il titolare della regolazione di accesso e finanziamento dei farmaci. Solo per il Nord-Est (54,9%) a regolare questi aspetti devono essere le Regioni. Per il 92,3% degli intervistati, i farmaci hanno un prezzo molto elevato.

LE PAROLE DEL PRESIDENTE DI I-COM

“Il nostro Rapporto prova a guardare al sistema sanitario nella duplice dimensione della salute dei cittadini e di un eccezionale volano tecnologico e industriale per l’economia – ha dichiarato il presidente di I-Com Stefano Da Empoli – L’industria della salute è l’unico comparto insieme all’automotive e all’aerospaziale dove l’Europa mantiene una posizione competitiva mondiale, almeno alla pari con quella delle altre principali aree geografiche. Ma per consolidare questi risultati e dare migliori servizi ai cittadini europei, occorre continuare nel cammino verso l’integrazione europea, rinunciando a localismi nazionali e sempre più spesso regionali. L’interlocutore delle aziende farmaceutiche deve trovarsi sempre di più a Londra, dove ha sede l’EMA (alla quale partecipano anche i rappresentanti italiani), e sempre meno a Campobasso o a Perugia. Allo stesso tempo deve essere garantito effettivamente il diritto di ogni cittadino europeo di scegliere dove curarsi all’interno della UE e, sempre in chiave comune europea, bisogna incominciare a porsi il tema del sistema di finanziamento della sanità nel lungo periodo. È arrivato il tempo di prendere seriamente in considerazione meccanismi di diversificazione ‘multipilastro’ che comprendano anche programmi di investimento di lungo termine sui mercati, sul modello dei fondi pensione”.



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