“Una preoccupazione, che attualmente condividiamo col governo e con le istituzioni europee, è quella per i prezzi finali dell’energia ancora alti in Italia e in crescita in tutta Europa”. A sottolinearlo è stato il presidente dell’Autorità per l’Energia, Guido Bortoni, nella sua relazione annuale 2014 tenuta giovedì scorso.
Secondo Bortoni questo è il “sintomo di un sistema non ancora in grado” di “trasmettere al consumatore finale i benefici di prezzo che invece è in calo nei mercati all’ingrosso”.
La causa risiede nei troppi oneri fiscali, in una rete spesso inefficiente, un mercato ancora poco liberalizzato ma, soprattutto, nell’alta dipendenza energetica del nostro Paese dall’estero.
Eppure nel sottosuolo e al largo delle coste italiane si trovano importanti giacimenti di idrocarburi. Secondo stime di esperti, la Penisola sarebbe infatti al primo posto per riserve di petrolio in Europa, esclusi i grandi produttori del Mare del Nord (Norvegia e UK), mentre nel gas si attesterebbe in quarta posizione per riserve e solo in sesta per produzione.
Risorse che però spesso non vengono sfruttate a causa dell’opposizione delle comunità locali e degli stessi amministratori, preoccupati per le proteste (esemplare il progetto della piattaforma petrolifera Ombrina Mare, che Medoilgas Italia sta sviluppando al largo delle coste abruzzesi, ma che non riesce a concludere a causa di veti incrociati).
Problemi ai quali il governo Renzi vorrebbe ovviare con un provvedimento sulle attività di estrazione a mare attualmente in discussione ed approvazione presso i due rami del Parlamento. Una direzione di marcia precisa per poter aumentare la produzione di idrocarburi in Italia, come ha detto senza mezzi termini il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi.
Permangono i malumori e gli allarmi di alcune forze politiche presenti nell’emiciclo, che sono però messi in discussione da un report, redatto da addetti ai lavori, che circola in Parlamento. Nel testo vengono smontate punto per punto, dati alla mano, alcune delle critiche affermazioni più ricorrenti nelle proposte di legge “antagonistiche” e “veteroambientaliste” in Parlamento e relative al settore oil&gas, con particolare attenzione all’off-shore.
Ad esempio: è vero, come spesso è sostenuto, che la maggior parte degli sversamenti di idrocarburi in mare, circa l’80%, sia dovuto allo svolgimento di attività di routine di manutenzione degli impianti, di estrazione e trasporto degli idrocarburi?
Secondo il report assolutamente no, dal momento che le attività offshore (sotto il grafico con i risultati pubblicati in due studi, Environmental Impact of the Offshore Oil & Gas Industry del 1999 e Marine pollution from the offshore oil and gas industry: review of major conventions and Russian law Maritime Studies del 2006) contribuiscono solo per il 2% all’inquinamento da idrocarburi dei mari.