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Euro: un piano americano del 1965

Abbiamo già scritto sul famigerato regolamento della Commissione europea 1466/97 che ha improvvisamente introdotto l’Euro, trasponendo la crescita da “armoniosa” in “vigorosa”. Un atto amministrativo di livello inferiore ai Trattati, che anzi li ha sconfessati. Una decisione politica inusitata e le cui motivazioni restano da chiarire. Il Trattato per la stabilità e la crescita (Maastricht, 1992) è stato irreggimentato in un “vigore” di crescita che ha portato alla necessità di forzare le scelte di politica economica, altrimenti nazionali, in un tunnel europeo rigorista e di austerità che dura fino ad oggi.

Inoltre, non si deve dimenticare che la volontà politica che introdusse l’Euro lo voleva ad un cambio con il dollaro americano di 0.80 euro per dollaro. Solo così si poteva, infatti, giustificare la sopravvalutazione dei cambi interni della zona Euro, con l’Italia che accettò 1936 lire per un Euro. Invece, oggi l’Euro vale 1.46 dollari. È piuttosto facile capire che con questo squilibrio di cambio si sia realizzato un grande travaso di ricchezza dalla zona Euro a quella del dollaro. In una dozzina di anni tra 2 e 3 trilioni di Euro sono partiti verso l’economia Usa. Quanto alla governance della zona Euro poco o nulla è stato fatto, se non interventi d’emergenza nel triennio 2010-13 per cercare di evitarne il collasso dovuto alle sperequazioni dei tassi di interesse sui debiti degli stati e delle banche. Il risultato è la recessione economica che oggi viviamo.

Mentre viviamo in queste ore il tempo di uno dei Consigli europei più difficili della storia dell’Ue, ritornano alla mente documenti sui quali fu tolto il segreto di stato nel 2000. Ci riferiamo ad un memorandum dell’11 giugno 1965, stilato in seguito ad una riunione avvenuta al Dipartimento di Stato degli Usa. Alla riunione partecipavano 6 persone, tra le quali il francese vicepresidente della CEE, Robert Marjolin. Un uomo che il presidente De Gaulle disprezzava in tutti i modi, com’è riferito nel libro “C’était de Gaulle”, di Alain Peyrefitte, Fayard, Éditions de Fallois, Tomo II, pagg.290-291.

Marjolin si era venduto agli americani, tradendo la sua Francia e gli altri 5 membri della CEE, per la creazione di “una moneta unica europea”, come suggerito dalla potente fondazione Rockefeller e da multinazionali del petrolio come la Shell. Il memorandum è accessibile pubblicamente e indica esattamente i passaggi chiave da seguire per la realizzazione della moneta unica europea. Un documento di inusitata rilevanza nelle discussioni che si spera i capi dei governi europei terranno in queste ore. Purtroppo la stampa non ha dato il giusto risalto a questo documento.

Appare evidente che la nascita dell’Euro, piuttosto che da una volontà autonoma dei paesi europei, fosse già un’idea americana nel 1965. Cinque anni prima che il presidente Nixon dichiarasse unilateralmente la non convertibilità del dollaro americano con l’oro. Quindi sapevano bene che il sistema, ben prima della fine della guerra del Vietnam, era già traballante!

Grazie all’opposizione del più grande partito comunista d’occidente, il PCI italiano, fino al 1979 l’Italia non era parte dello Sme, il Sistema Monetario Europeo. Il progetto di moneta unica europea era stato rallentato. Dopo un decennio di terrorismo, inflazione a due cifre, e crisi occupazionale grave, il PCI “decise” (sarebbe utile che Napolitano ricordasse qualcosa in merito) di accettare lo Sme.

Saranno gli eredi del Pci consapevoli di ciò che stanno discutendo a Ypres e a Bruxelles?

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