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F-35, tutti i consigli del Pentagono a Renzi e Pinotti

Gli F-35 continuano a dividere politica e opinione pubblica. Mentre il governo lavora alla redazione del Libro Bianco della Difesa, l’impegno del nostro Paese nel programma Jsf potrebbe ridursi.

L’Italia, come noto, potrebbe dimezzare gli acquisti di velivoli di Lockheed Martin da 90 a 45 aerei.

L’eventualità nasce soprattutto dalle divisioni interne al PD, nel quale non c’è unità sull’argomento. Poche settimane fa la commissione Difesa della Camera ha approvato la relazione conclusiva dell’indagine conoscitiva sugli armamenti – documento che chiede tra l’altro una “moratoria” sugli F-35 e il dimezzamento della spesa –, con il sì proprio dei democratici.

Diminuirne il numero di F-35 però “significa meno posti di lavoro“, e non solo, ha ricordato Derek Chollet, segretario aggiunto per gli Affari della sicurezza internazionale presso il Pentagono e ospite d’onore della prima Airpress Conference tenuta a Roma.

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Siamo consapevoli del dibattito in corso“, ha proseguito Chollet nella sua lecture, e “comprendiamo le difficoltà” legate alle ristrettezze di bilancio, un tema che viene affrontato anche oltreoceano.

Tuttavia, ha proseguito, “quando l’Italia ha diminuito il piano originale di acquisizione da 131 aerei a 90, si sono visti gli effetti negativi che possono verificarsi in questi casi: c’è stato un decremento nella partecipazione industriale della Penisola e nei posti di lavoro associati con gli F-35“, nonché nel ritorno degli investimenti fatti sulla Faco di Cameri, Novara, una linea di assemblaggio finale, manutenzione e aggiornamento del velivolo, l’unica al di fuori degli Usa.

Anche quest’ultima opportunità rischierebbe infatti di essere vanificata dai tentennamenti dell’Italia. Sulla Faco ci sono le mire di Turchia e Regno Unito, intenzionate a scipparla alla Penisola. E davanti a un ruolo sempre più ridotto di Roma nel programma, diventerà difficile per gli esperti dire di no a chi investe di più nel caccia di quinta generazione.

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