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La politica estera della Cina: Hard Power

Nello scorso articolo, è stata trattata la politica estera cinese sotto il profilo del “Soft Power“, sottolineando lo sforzo della Cina nel volersi affermare in terra straniera attraverso la diffusione del proprio bagaglio culturale. Quello era solamente uno dei due lati della medaglia; il popolo giallo, infatti, attua manovre repressive e coercitive nei confronti di paesi svantaggiati. Questo è l’Hard Power.

HARD POWER

Con Hard power intendiamo l’uso di mezzi militari ed economici finalizzati a influenzare il comportamento o gli interessi di altri organi politici o stati. Questa manifestazione politica è spesso aggressiva, ed avviene di norma quando imposta da un ente con maggior forza politica ed economica ai danni di chi ne è carente; manovra alla quale si oppone il Soft Power, che usa come armi diplomazia, cultura e storia.

Secondo Joseph Nye (lo stesso politologo citato nel precedente articolo sul Soft Power), il termine indica “la capacità di utilizzare il bastone e la carota, sempre in ambito di potenza economica e militare, portando gli altri a seguire la tua volontà“. Le “carote” sono incentivi come la riduzione delle barriere commerciali, l’offerta di un’alleanza o la promessa di protezione militare. D’altra parte, il “bastone” sono minacce, compreso l’uso della diplomazia coercitiva o di un intervento militare, o l’attuazione di sanzioni economiche.

POLITICHE MILITARI

Affrontando il tema della presenza militare, nel marzo del 2012, alla vigilia dello svolgimento della   V° Sessione dell’Assemblea Nazionale del Popolo (NPC) e dell’Assemblea Politico Consultiva (CPPCC), che vedono concentrarsi a Pechino i leader politici di tutto il paese, si è presentato il nuovo budget per la difesa 2012. Come negli anni passati le previsioni di spesa erano state incrementate, questa volta del 11,2%, toccando i 670,2 miliardi di RMB (circa 110 miliardi di dollari). Li Zhaoxin, ministro degli affari esteri, ha tenuto a sottolineare che si è trattato di un incremento minore rispetto a quello dell’anno precedente (12,7%) e che rappresenta appena l’1,28% del PIL del paese.

La Cina negli ultimi anni sta reagendo infatti alla grande presenza di flotte USA nel Mar Cinese, rivendicando con presenza militare alcune catene di piccole isole contese con i paesi dell’area: l’arcipelago delle Spratley. Contemporaneamente la leadership si è accordata per la pubblicazione di un Libro Bianco sul Mar Cinese Meridionale che dimostri la sovranità della Cina sull’area. Luo Yuan, segretario generale dell’accademia cinese delle scienze militari, cita i “cinque dati di fatto” (amministrativo, legale, militare, economico e dialettico) come elementi di rafforzamento della teoria della sovranità.

A supporto delle azioni del Mar Cinese Meridionale, l’esercito di Pechino si sta dotando nel frattempo di tecnologie avanzate, in grado di competere con i droni americani, fino alla recente messa a punto di un aereo invisibile, che riesce a eludere il controllo dei radar (J20 Stealth Fighter).

Nel perseguire questi obiettivi l’esercito cinese si è imposto di mostrare anche il suo volto buono, con un progressivo impegno in ambiti “non militari”, attraverso la partecipazione a missioni di pace e campagne di esercitazione congiunte con l’antiterrorismo oltre a garantire aiuto alle popolazioni interne colpite da calamità naturali. Questa nuova dinamica potremmo chiamarla “approccio Soft dell’Hard Power cinese”.

I detentori delle leve dell’Hard Power si sono resi conto che esisteva un certo deficit di informazione circa le attività dell’esercito cinese. Per risolvere tale problema a partire dal 2008 la PLA (People’s Liberation Army) ho istituito la figura del portavoce all’interno dell’amministrazione del Ministero della Difesa, con un “Ufficio per l’Informazione”.

Dice James Mulvenon, Direttore del CIRA (Center for Intelligence Research and Analysis) nel suo trattato “The Chinese Military’s Earthquake Reaponse Leadership Team“: 

“La PLA è ora vista con fierezza, come l’avanguardia nazionalistica dello status emergente della Cina a grande potenza. Queste impressioni positive sono state ulteriormente rinforzate dalla relativa trasparenza della risposta del PLA al terremoto, che anche i media ufficiali hanno posto a contrasto con l’inadeguatezza della reazione del PLA al terremoto di Tangshan del 1976, all’epidemia della SARS e alla repressione militare dell’anno precedente in Tibet”.

ASPETTI SECONDARI DELL’HARD POWER

1) La guerra informatica.

La Cina ha istituito un organo di amministrazione e controllo del settore, lo State Internet International Office (SIIO). Tuttavia sembra si tratti più di uno strumento per controllare la diffusione del libero pensiero in rete che mezzo per la lotta contro i cyberattacchi. Se è vero che Pechino ha ormai svelato pubblicamente il tema della costituzione di una forza militare capace di condurre un Cyberguerra, sempre più al centro dei suoi programmi di sviluppo, si deve altresì riconoscere che esiste ancora un gap da colmare e che da più parti si è evidenziato come la Cina non abbia ancora raggiunto questo traguardo tecnologico.

2) La frontiera dello spazio.

Nel corso dell’ultimo decennio la Cina ha avviato un ambizioso programma spaziale, basato sulla realizzazione del cosiddetto “Programma 863“, che ha l’obiettivo di focalizzare le attività di ricerca e sviluppo su una serie di progetti prioritari tra i quali quelle delle attività spaziali, specialmente per quanto attiene ai vettori di lancio, navicelle spaziali e stazione con equipaggio umano.

Nel 2011 la Cina ha messo in orbita 19 satelliti con 15 razzi Long March, diventando cosi la seconda potenza mondiale per numero di lanci dopo la Russia. In varie occasioni i componenti della Commissione Militare Centrale hanno sottolineato l’importanza del Partito come guida e il pericolo di trovarsi in situazioni in cui vi sia una depoliticizzazione dell’esercito.

Tai Ming Cheung, direttore del Institute on Global Conflict and Cooperation (IGCC) ha affermato:

“Il rapido sviluppo economico del paese nell’era delle riforme ha condotto all’esplosione nella domanda di una vasta gamma di servizi civili e militari che soltanto l’industria spaziale può soddisfare attraverso le sue capacità nel settore satellitare”.

3) L’arma nucleare.

La Cina nel 1992 aderisce al Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP) e Pechino, almeno per ora, ha scelto di stoccare il proprio arsenale e di utilizzarlo esclusivamente come deterrente secondo la formula del no first use. Dal 2011 Pechino si è dichiarata fermamente impegnata a promuovere collaborazioni con i paesi che intendono fare un uso pacifico del nucleare a scopo di esclusivo sviluppo energetico.

CONCLUSIONE

Risulta evidente come la Cina sia nutrita da un nazionalismo di stato, ma anche popolare, profondo e talvolta “vendicativo”. L’ambizione a medio termine (2040-2050) di Pechino, non è soltanto quella di diventare una grande potenza mondiale; l’obiettivo cinese è infatti quello di stravolgere l’ordine esistente, dominato dalle “potenze strutturali” che sono gli Stati Uniti e in misura minore l’Unione Europea e il Giappone.

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