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Le contraddizioni del ministro Poletti sugli esodati

Alla Camera stanno lavorando al sesto intervento di salvaguardia per i cosiddetti esodati, che, nel complesso, saliranno così a 170mila. La misura si è resa possibile grazie a risparmi derivanti dalla seconda e dalla quinta salvaguardia. Erano stati sovrastimati gli utenti e quindi si è ritenuto di ridurre, in corrispondenza, gli stanziamenti. Nella sesta salvaguardia entreranno a far parte 32mila lavoratori, ma, a fronte delle contestuali riduzioni operate sulle misure precedenti il numero netto dei tutelati aumenterà di 8mila circa.

Il provvedimento – è in corso di definizione l’emendamento – fortemente voluto dalla Commissione Lavoro della Camera, è molto semplice: si limita ad ampliare da 36 a 48 mesi (e quindi al 6 gennaio 2015) dall’entrata in vigore della legge Fornero il periodo di maturazione dei previgenti requisiti pensionistici. Tale condizione permetterà agli interessati di andare in quiescenza con i vecchi e non con i nuovi requisiti. Cerchiamo di spiegare bene questo passaggio. Chi ha risolto il rapporto di lavoro prima dell’entrata in vigore della riforma potrà andare in pensione con i previgenti requisiti purché li maturi entro un quadriennio.

Che dire? Abbozziamo. Invece, non riusciamo proprio a giustificare una ‘’categoria’’ di tutelati completamente nuova: i c.d. cessati da un contratto a termine tra il 2007 e il 2011. Nel numero massimo di 4mila è sufficiente che costoro non si siano rioccupati a tempo indeterminato per rientrare nel sistema di salvaguardie fino a 48 mesi. Questi soggetti potrebbero non aver perso neppure un giorno di lavoro, contraendo rapporti a termini o contratti di collaborazione, ma tutto ciò non conta: se non si lavora a tempo indeterminato si è comunque ‘’figli di un dio minore’’, che interviene a risarcirti al momento della pensione. Ma il ministro Giuliano Poletti, non era quello che ha liberalizzato il contratto a termine per tutta la sua durata? Ed è lo stesso che ha avallato questo emendamento?

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