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Leonardo Becchetti: “Vi spiego perché sostengo i referendum contro il Fiscal Compact”

Rifiutano di piegare la Costituzione repubblicana all’ideologia dell’austerità egemone fino ad oggi nel Vecchio Continente. E per questa ragione hanno promosso un’offensiva contro “l’anello debole” del Fiscal Compact. Economisti e giuristi capitanati da Gustavo Piga hanno così depositato in Corte di Cassazione 4 richieste referendarie per trasformare in profondità la legge, approvata a larghissima maggioranza e in tempi record nel 2012, che attua l’introduzione del pareggio di bilancio nella Carta fondamentale.

Rappresentante di spicco di un comitato eterogeneo sul piano culturale è Leonardo Becchetti, professore di Economia politica all’Università Tor Vergata di Roma e tra i più autorevoli studiosi italiani del micro-credito.

Becchetti, perché aderisce alla campagna referendaria?

Anche impegnandosi al massimo sul fronte dei conti pubblici, gli Sta più vulnerabili dell’Euro-zona non saranno in grado di rispettare target e tempi del Fiscal Compact. La Grecia dovrebbe crescere con un ritmo del 6 per cento annuo, il Portogallo del 5. E l’Italia, cui presto verranno richiesti fondi aggiuntivi per salvare Atene e Lisbona, sarà chiamata a un tasso di sviluppo molto elevato. Aggiungerei la sleale concorrenza fiscale messa in atto da paesi che si trasformano in autentici paradisi tributari come l’Irlanda. Un’altra ragione della mia scelta concerne poi la Banca centrale europea.

Quali sono le responsabilità dell’Euro-Tower?

La BCE ha il compito di riportare il tasso di inflazione al 2 per cento. Ma finora non lo ha fatto, violando apertamente le proprie regole e astenendosi da un’iniziativa che renderebbe meno oneroso il peso del debito pubblico.

L’austerità finanziaria è un capitolo da archiviare?

Lo confermano cifre e risultati. La logica del rigore e del taglio permanente della spesa pubblica non ha prodotto più crescita, ma ha devastato le nazioni provocando recessione totale e aumentando il passivo di bilancio. Al punto che l’Italia sta facendo carte false per incrementare i numeri del PIL, inserendo con un trucco contabile anche attività illegali che non porteranno mai risorse nelle casse erariali.

Il Documento di economia e finanza del governo Renzi rientra nell’orizzonte dell’austerità?

Ho ascoltato più volte il Presidente del Consiglio e il capo del Tesoro spiegare che è necessario liberarci dai vincoli dell’austerità. Temo che l’esecutivo punti su un’opaca trattativa diplomatica in sede comunitaria per negoziare generici margini di flessibilità nell’applicazione del Fiscal Compact. Comportamento che non produrrebbe risultati positivi, al contrario di un grande coinvolgimento dell’opinione pubblica.

Le vostre richieste referendarie riguardano di riflesso trattati internazionali. Non teme una bocciatura della Corte Costituzionale?

Noi non tocchiamo nessun accordo europeo e intergovernativo. Ma interveniamo sui contenuti privi di ragionevolezza aggiunti dalla legge di attuazione dell’inserimento del pareggio di bilancio nella Carta repubblicana. Norma che inasprisce i vincoli di rigore rispetto agli stessi trattati. Perfino Mario Monti potrebbe firmare le nostre proposte. Ricordo che Scelta europea, la più accesa sostenitrice dell’austerità finanziaria, è stata spazzata via dal voto per l’Assemblea di Strasburgo.

Non rischiate di attenuare e rinviare il risanamento dei conti pubblici e le riforme strutturali?

Ricordo che la Germania ha realizzato innovazioni profonde superando i limiti del rapporto deficit-PIL di almeno 2 punti percentuali. Gli stessi Alberto Alesina e Francesco Giavazzi ritengono imprescindibile liberarci dalla gabbia aritmetica del Fiscal Compact per riformare la previdenza, il costo del lavoro, il Welfare. La via maestra è rappresentata dalla Golden Rule, che permette di sganciare dai parametri di stabilità gli investimenti produttivi.

È la rivincita del “partito della spesa pubblica”?

Che l’investimento pubblico in infrastrutture sia fondamentale per uno sviluppo innovativo è acquisito e sperimentato nel resto dell’Occidente. Dal Giappone, in cui le politiche espansive del premier Shinzo Abe in campo monetario e fiscale hanno prodotto una crescita del 6-7 per cento, agli Stati Uniti, dove la Federal Reserve punta apertamente sulla lotta alla disoccupazione. Le uniche iniziative anti-cicliche intraprese dall’UE hanno soltanto trasferito enormi risorse dalla BCE alle banche nazionali.

L’ammissione dei referendum non potrebbe scatenare un’offensiva speculativa contro l’Italia?

Il solo rischio che intravedo è precipitare nel baratro degli effetti dell’austerità. Coloro che stabiliscono un legame tra la stabilità del bilancio e il comportamento dei mercati di capitali, credendo in una loro intrinseca razionalità, non hanno capito nulla. Come spiegato mirabilmente da Joseph Stiglitz, essi funzionano per spinte altalenanti. E nel contesto europeo reagiscono alle scelte compiute da Mario Draghi. Sapendo bene che le strategie assunte fino a oggi da Italia e Grecia sono insostenibili dal punto di vista finanziario.

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