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Perché campagne e montagne possono far decollare la green economy

Realizzare un’impresa con forte connotazione “etica” ed “eco-sostenibile” può costituire un volano efficace di sviluppo economico. Ma richiede investimenti di “capitali pazienti”, che non si esauriscono nella rincorsa speculativa al guadagno immediato e si ancorano alle attività produttive rispettose dell’ambiente.

È il messaggio emerso nel convegno “Comunità e territori intelligenti. Innovazione sociale, ambientale e finanziaria a confronto”, promosso presso la FAO dal Forum Terra Italia e da Earth Day Italia in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente.

UN NUOVO MODELLO DI SVILUPPO

Un’iniziativa che chiama a raccolta il mondo dell’economia collaborativa e sociale per fornire un contributo di idee, risorse ed energie pubbliche e private per le sfide ambientali e di sviluppo sostenibile nel territorio. E punta a mettere in relazione le comunità per sperimentare nelle realtà rurali e montane modelli innovativi e collaborativi di produzione.

Tanto più preziosi, spiega il presidente di Earth Day Italia Pierluigi Sassi, in una fase di globalizzazione nella quale lo sfruttamento dissennato delle risorse naturali da parte di pochi mette a repentaglio l’accesso universale ai beni pubblici, l’equilibrio dell’eco-sistema, la salvaguardia dei territori, la promozione dello sviluppo sostenibile, l’innovazione economica e tecnologica.

NO ALLA CULTURA DELL’APPALTO

È in gioco, rileva il direttore generale Divisione natura del Ministero dell’Ambiente Renato Grimaldi, il come e il dove produrre. Abbandonando un paradigma di sviluppo fondato sul primato delle attività industriali soprattutto nel Mezzogiorno. Fronteggiando il dissesto idrogeologico del territorio provocato dal prevalere della cultura dell’appalto su quella del servizio pubblico, oltre che da piani regolatori urbani che hanno favorito la cementificazione delle aree metropolitane. Focalizzando attenzione ed energie sulle ricchezze peculiari del nostro paese come le campagne e le aree protette con le loro biodiversità.

UN TURISMO DI QUALITA’

A suo giudizio investire sul patrimonio naturale, artistico, culturale può produrre un ritorno economico di qualità sulle stesse attività manifatturiere e sull’export. Un modello emblematico è rappresentato dal turismo per le nostre coste: “Anziché costruire nuovi porti, alberghi e villaggi, o puntare sul mercato delle crociere, è necessaria un’offerta ampia e capillare, capace di contemplare una varietà di scelte calibrate sulle esigenze dei visitatori”.

IL PATRIMONIO DEI PRODOTTI TIPICI

Coltivare le specificità di ogni area rurale, rimarca l’assessore alle Infrastrutture, Politiche abitative e Ambiente della Regione Lazio, Fabio Refrigeri, vuole dire conservare ricchezze primarie, produrre beni di qualità con un buon ritorno economico, costruire robuste relazioni sociali, evitare l’omologazione semplificante.

Per tale motivo bisogna salvaguardare le etichettature e i marchi dei prodotti locali convogliando a loro favore l’utilizzo dei fondi strutturali europei e accorciando la filiera commerciale. Mentre “le strategie di edilizia pubblica devono prevedere un consumo di territorio pari a zero, fondato sulla riqualificazione e ammodernamento degli edifici esistenti”.

LA RICCHEZZA DELLE MONTAGNE

Altro territorio “intelligente” nell’eco-sistema e prezioso per le prospettive dell’agricoltura di tipo familiare sono le montagne. Nelle quali, osserva Rosa Laura Romeo, Programme officer della Mountain Partnership della FAO, è visibile un’accentuata diversificazione della produzione, funzionale alla protezione ambientale.

Ma per esprimere al meglio simili potenzialità è necessario superare problemi annosi e irrisolti nelle comunità di alta quota: cronica carenza nell’accesso al credito, scarse garanzie per affrontare le sfide climatiche, difficoltà nell’accesso alle cure sanitarie e all’educazione dei figli, ostacoli al godimento dei diritti civili per le donne e a una più equa ripartizione del reddito.

UN PROTOCOLLO DI KYOTO PIU’ AMBIZIOSO 

Promuovere due eco-sistemi così delicati e strategici sul piano ambientale ed economico non è un lusso per economie prospere. Costituisce, rimarca il presidente Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile Edo Ronchi, una sfida lungimirante a una crisi climatica che oggi registra il picco dell’emissione dei gas serra in rapporto alla popolazione mondiale.

Agli occhi dell’ex ministro dell’ambiente si va prefigurando un “rischio catastrofico planetario rispetto a cui lo stesso Protocollo di Kyoto, pur avendo conseguito gran parte dei propri obiettivi, si è rivelato inadeguato. Suoi destinatari erano le potenze economiche occidentali, che nel tempo si sono ridotte per l’emergere dei paesi emergenti”.

RIDURRE LE FONTI ENERGETICHE FOSSILI

È necessario, puntualizza l’ex leader dei Verdi, assumere target climatici più ambiziosi nella direzione della green economy per affrontare la recessione e la crisi occupazionale. Lungi dal ritornare alle antiche logiche del primato dello sviluppo industriale, bisogna cambiare il modello di crescita riducendo il ricorso alle fonti di riscaldamento fossili e a carbone. E coniugare cultura, natura, manifattura rendendo attrattiva ed economicamente conveniente l’attività agricola e bio-energetica in campagna e in montagna.

CONSUMARE MENO RISORSE?

Filosofia che trova condivisione nel ragionamento del presidente di Cittadinanzattiva Marco Frey: “Il nuovo modello di sviluppo deve prevedere un utilizzo lungimirante, ridotto, comunitario, circolare delle risorse. E archiviare l’ubriacatura dei beni di consumo prevalente negli ultimi 30 anni. Facendo meglio con meno e combattendo gli sprechi ambientali”.

Ma come è possibile capovolgere il trend se entro il 2050 l’80 per cento della popolazione mondiale vivrà nelle megalopoli? La ricetta passa ancora una volta per la valorizzazione delle eccellenze italiane. Puntando sulle realtà specifiche del nostro territorio, nella loro estrema varietà e ricchezza naturalistica, artistica, culturale, economica. Ma che oggi si attestano al 170° posto nel grado di attrazione turistica internazionale.

LA NECESSITA’ DI UNA FINANZA DIVERSA

Per costruire nuove opportunità a favore di imprese sociali e familiari attive nell’economia eco-compatibile si pone con forza l’importanza dell’afflusso di capitali. E dell’intervento di una finanza pronta a supportare con coraggio le start-up più innovative del settore, come avvenuto nel terreno telematico con Google e Apple. Ma in tal caso si tratta di una finanza “etica e sostenibile”.

TORNARE ALLE ORIGINI

A illustrarne le caratteristiche peculiari è Davide Dal Maso, segretario generale del Forum per la Finanza Sostenibile: “La finanza come motore del cambiamento è un modello reale e applicabile, rispetto ai comportamenti predatori emersi negli ultimi decenni”. È percorribile il ritorno alle origini delle attività creditizie, concepite per riscattare i ceti più poveri di un territorio ponendosi a servizio delle attività produttive, e permettendo l’attivazione di cicli economici virtuosi tramite investimenti mirati.

Fenomeno che nulla ha a che vedere con l’elevazione del denaro a fine in sé, al far soldi per far soldi in vista del più ampio e illimitato ritorno monetario. Con il risultato di pervertire gli strumenti e prodotti finanziari creati per proteggere il rischio di investimento.

Il nostro obiettivo, evidenzia Dal Maso, è tutelare quel rischio in imprese che puntano sullo sviluppo sostenibile e socialmente responsabile, garantendo una ragionevole rendita nel corso del tempo. Una sfida di alta valenza politica all’intera comunità finanziaria, che “può essere favorita dalle istituzioni attraverso una miscela di incentivi e sanzioni”.



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