Pubblichiamo un estratto dal report “La fragilità irachena di fronte alla minaccia di ISIS” realizzato da Gabriele Iacovino per il Centro Studi Internazionali
La repentina avanzata del movimento jihadista di ISIS (Islamic State of Iraq and al-Sham – Stato Islamico in Iraq e nel Levate) nel nord dell’Iraq e verso la capitale Baghdad ha posto una serie di interrogativi sia sulla tenuta delle istituzioni statali e del sistema di sicurezza del Paese sia sulle effettive capacità del gruppo estremista.
IL CONTROLLO DI MOSUL
Infatti, nel giro di tre giorni, i miliziani di ISIS, che a inizio del 2014 avevano messo a ferro e fuoco la Provincia occidentale a maggioranza sunnita di Anbar, hanno preso il controllo di Mosul, seconda città dell’Iraq situata nel nord del Paese, precisamente nella zona di confine con il Governo Regionale Curdo (KRG). Successivamente, ISIS ha compiuto quella che è sembrata una inarrestabile avanzata lungo la direttrice che da nord porta verso la capitale Baghdad, conquistando numerosi villaggi e cittadine nelle province di Kirkuk, Salahuddin e Diyala, tra i quali Tikrit, importante centro che ha dato i natali all’ex dittatore Saddam Hussein. In questa azione ISIS ha trovato una scarsa opposizione da parte dell’Esercito iracheno che, nella stragrande maggioranza dei casi, non ha opposto resistenza ai miliziani, ma anzi ha lasciato sguarnite importanti caserme permettendo ai jihadisti di venire in possesso di mezzi, armi e munizioni, in parte subito trasportati dai membri di ISIS verso le proprie roccaforti nelle regioni orientali della Siria.
LA SCARSA PREPARAZIONE
Alla base della mancata resistenza da parte dell’Esercito iracheno vi è innanzitutto la scarsa preparazione dei soldati. Nonostante i notevoli sforzi da parte delle autorità americane nel cercare di dotare lo Stato iracheno di una stabile struttura di sicurezza, la situazione si è deteriorata notevolmente dal ritiro delle truppe di Washington. L’insieme di corruzione, scarso senso delle istituzioni e divisioni settarie sono le cause principali di questa situazione. Ciò è apparso lampante anche durante una serie di incontri che una delegazione del Ce.S.I. ha avuto nel marzo scorso con alcuni esponenti delle autorità irachene a Baghdad. In quell’occasione si è avuto conferma di una complicata realtà irachena dove gli stanziamenti per la Difesa sono stati principalmente allocati per il rafforzamento di reparti direttamente controllati dal Premier Maliki (Forze Speciali in primo luogo) e dove i finanziamenti inviati ai vari reparti per le esercitazioni venivano utilizzati a piacimento dai Generali responsabili. In questo modo, le reali capacità dell’apparato di sicurezza iracheno sono andate col tempo a essere sempre minori.
UN PROFONDO MALCONTENTO
In più, a favorire l’avanzata di ISIS vi è stato il profondo malcontento all’interno della popolazione irachena causato dalle politiche settarie e personalistiche del Primo Ministro Maliki. Quest’ultimo, soprattutto durante il suo secondo mandato, non ha mai bilanciato le sue scelte, prese sempre in favore della componente sciita del Paese. In questo modo, il malumore della comunità sunnita (ma anche di ampi strati di quella sciita) ha reso il Paese facile preda dei richiami al campanilismo settario di quegli attori più estremisti come ISIS. Dunque, così come nell’azione ad Anbar, quando ISIS aveva trovato un alleato contro il Governo centrale nelle milizie di quei leader tribali sunniti profondamente in contrasto con Maliki, nella sua azione a Mosul il gruppo estremista ha trovato la collaborazione di alcune realtà sunnite. Tra queste, una menzione particolare va fatta per Jaysh Rijal al-Tariqah al-Naqshabandia (JRTN – Esercito degli Uomini dell’Ordine di Naqshbandi).
LA FORMAZIONE BAATHISTA
Questa è una formazione baathista che fin dalla caduta del regime di Baghdad ha animato la mai doma l’insorgenza sunnita, guidata da Izzat Ibrahim al-Douri, ex vice di Saddam Hussein, rifugiatosi all’estero ormai da anni. A causa della profonda instabilità nel Paese si è venuta a creare una comunione di intenti tra movimento jihadista e insorgenza sunnita contro il nemico comune rappresentato dal governo centrale. Se a questo si aggiunge che a Mosul due dei Generali responsabili della sicurezza della città, il Generale Ghraidan e il Generale Gamber, sono degli ex ufficiali dell’Esercito di Saddam Hussein e si sono ritirati appena i miliziani di ISIS si sono presentati alle porte della città, e che a Tikrit i simpatizzanti del vecchio regime sono in netta maggioranza non solo tra la popolazione, ma anche all’interno delle istituzioni, si può meglio comprendere come, al di là delle proprie capacità e della propria forza, ISIS sia stato in grado di prendere il controllo di queste città così rapidamente.
I MAGGIORI PROBLEMI
Infatti, laddove non si è creato questo legame tra la rete di ISIS e il malcontento locale sunnita, il gruppo jihadista ha avuto maggiori problemi e ha trovato una più ostica resistenza. Ad esempio, a Kirkuk, cittadina che fin dalla caduta di Saddam è stata contesa tra il governo centrale e il Governo Regionale Curdo, i miliziani jihadisti non sono riusciti ad entrare nel centro città, ma anzi hanno dovuto registrare una pesante sconfitta ad opera dei Peshmerga, soldati delle forze di sicurezza curde. Grazie alla propria preparazione e conoscenza del territorio, le forze curde hanno facilmente ricacciato ISIS e preso rapidamente il controllo della città lasciata sguarnita dall’Esercito iracheno, ponendo la regione sotto il controllo del KRG, che difficilmente rinuncerà a queste acquisizioni territoriali visto che consdera Kirkuk come parte integrante della propria sovranità.
LA PRESENZA SCIITA
Una situazione simile a quella di Mosul si è creata anche in alcune zone della Provincia di Salahuddin e nella Provincia di Diyala, dove vi è una forte presenza sciita. Il fattore importante da sottolineare è che l’azione delle milizie sciite irachene è stata di fondamentale importanza per dare supporto alle forze di sicurezza nazionali che in alcuni casi sono state in grado di ricacciare l’avanzata di ISIS, come a Muqdadayah e Dhuluiya.
Sull’onda dell’avanzata di ISIS verso Baghdad, ma soprattutto a causa della possibile minaccia portata dai miliziani jihadisti alla città di Samarra, centro che si trova sulla strada che da Tikrit porta verso la capitale e sede della moschea di al-Askari2, le milizie sciite si sono rapidamente mobilitate nel giro di una settimana. Questa velocità si deve principalmente al fatto che milizie come quella legata al movimento Badr, o la Brigata del Giorno Promesso di Moqtada al-Sadr o la Lega dei Giusti (Asaib Ahl al-Haq), gruppo paramilitare sciita controllato dall’Iran sotto il comando dell’iracheno Qais al-Khazali, si erano già attivate nel Paese in occasione delle elezioni politiche tenutesi nell’aprile scorso.
MILIZIE DI VOLONTARI
Inoltre, all’interno del panorama sciita iracheno e tra i membri di queste formazioni si erano già formate milizie di “volontari” inviate in Siria a supporto del regime di Assad. In più, le azioni di ISIS. soprattutto nella provincia di Diyala e contro la comunità sciita, erano già iniziate fin dai primi mesi del 2014 e soprattutto la Lega dei Giusti era stata più volte chiamata da numerosi leader tribali a supportare l’Esercito iracheno nella lotta contro il movimento di ispirazione qaedista. Questo non aveva fatto altro che approfondire la divisione tra Khazali e Sadr, due leader sciiti profondamente separati da contrasti storici (principalmente dovuti a gelosie per la primazia nella gestione dei rapporti con l’Iran), con il secondo che aveva accusato il rivale di essere un collaboratore del “nemico” Maliki. Questo a dimostrare ulteriormente le numerose divergenze anche all’interno dello scacchiere sciita iracheno.
NUOVI EQUILIBRI
Tuttavia, a quanto pare, l’attuale azione di ISIS ha ulteriormente modificato anche questi equilibri. Fattore fondamentale in questo cambiamento sono state sicuramente le parole del Grande Ayatollah Sistani, maggiore esponente dello sciismo iracheno della scuola di Najaf, che, dopo la presa di Mosul e Tikrit da parte dei miliziani jihadisti, ha invitato la comunità sciita a prendere le armi contro ISIS. Una tale chiamata da parte della più alta carica sciita nazionale ha permesso alle milizie di rafforzare notevolmente le proprie fila. Ad esempio, si registrano presso il centro di reclutamento vicino all’aeroporto internazionale di Baghdad lunghe file di volontari che si vogliono arruolare, mentre a Bassora le autorità locali hanno annunciato la formazione di una milizia composta da 13.000 volontari che si schiererà a protezione della caserma che ospita la 14° Divisione dell’Esercito iracheno e a controllo delle zone di confine con l’Iran.