Il fronte jihadista dell’Isis che pare avanzare spedito verso la conquista di Baghdad è tutt’altro che compatto. A tenere unito questo gruppo variegato, composto da fanatici religiosi ultra-integralisti e gruppi armati sunniti più pragmatici, è un matrimonio di convenienza.
Per ora condividono un nemico comune, il primo ministro sciita Nuri al-Maliki, che la minoranza irachena accusa di molestie ed emarginazione. Ma tutto lascia pensare che un giorno potranno entrare in conflitto nel momento di decidere quale futuro debbano avere i territori sunniti dell’Irak.
IL DOPO RIVOLTA
La questione – spiega Reuters – incombe su chi trionferà: i qaedisti dell’Isis, che mirano a creare un moderno califfato islamico, o la miriade di fazioni armate che guardano con nostalgia al Paese del 2003, prima dell’intervento americano, e lottano secondo logiche tribali o interessi particolari.
LA FORZA DELL’ISIS
Nonostante queste incognite, molti esperti ritengono che a prevalere sarà l’Isis. Dalla sua parte giocano la minuziosa organizzazione di tipo militare, la coesione interna e la grande disponibilità di armi e risorse finanziarie.
Inoltre il gruppo – rileva il Guardian – può fare affidamento anche su un fuoco mediatico non indifferente. Questo è basato principalmente sulla pervasività di alcuni social network, come Twitter, ma anche su iniziative di risonanza mondiale, come la pubblicazione di video shock riguardanti eccidi di massa.
LA RISPOSTA SCIITA
Tuttavia il futuro dell’Irak non è ancora scritto e tantomeno scontato. Dopo il sostegno americano fatto di armi, risorse e consiglieri militari per sostenere l’operato delle truppe, anche l’Iran ha deciso di giocare il proprio ruolo nella crisi del Paese.
Secondo il New York Times, Teheran starebbe segretamente inviando armi per aiutare l’esercito regolare e alcuni suoi droni sarebbero già in volo sulle aree a nord controllate dai militanti ribelli.
Ciò, rimarca il quotidiano statunitense, dopo i fallimenti delle scorse settimane, è il preludio di una risposta sciita che potrebbe prendere corpo già nelle prossime ore.
L’ASSE WASHINGTON-TEHERAN
L’alleanza (o sarebbe meglio definirla un’unità d’intenti) tra Iran e Usa nel conflitto iracheno non deve stupire.
Non solo i due Paesi hanno già ripreso un dialogo, incentrato sull’alleggerimento delle sanzioni di Teheran e sulla sua rinuncia al nucleare per scopi bellici, ma quest’ultima rappresenta un interlocutore fondamentale nella regione, oltre che la nazione-guida del mondo sciita.
Solo se Washington e Teheran lavoreranno fianco a fianco – commenta sul Nyt il docente Mohammad Ali Shabani – potranno riportare l’ordine nel Paese.