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Che fine hanno fatto i tagli alla spesa pubblica?

Le sei proposte di Renato Brunetta per il futuro centrodestra sembrano, a prima vista, interessanti e condivisibili. Certo, hanno un sapore molto spot e poco approfondito almeno per il momento. Un prontuario di contenuti molto asciutti per rispondere all’immediatezza (non senza approssimazione) del ritmo imposto da Matteo Renzi.

Tuttavia, approfondendo la lettura del programma Brunetta è evidente la mancanza dei tagli alla spesa pubblica. Il capogruppo di Forza Italia si limita a dire “manovra per tagliare 40 miliardi di tasse” ma non racconta dove andare a prendere quei soldi. Ci sono due strade: tagliare le tasse senza tagliare la spesa pubblica, quindi aumentando il debito pubblico (che qualcuno poi dovrà pagare, magari le giovani generazioni) oppure tagliare le tasse tagliando la spesa pubblica e provando a rendere più efficiente lo Stato italiano.

Come farlo? Privatizzando le società municipalizzate e liberalizzando i servizi pubblici locali, eliminando gli incentivi pubblici alle imprese, vendendo gli asset immobiliari dello Stato, favorendo fondi previdenziali privati, riformando ancor più profondamente la pubblica amministrazione.

Il centrodestra dovrebbe riappropriarsi di due principi. Il primo: ad ogni euro di tasse in meno corrisponda un euro in meno di spesa pubblica. Secondo principio sotteso al primo è quello di togliere il potere dalle mani della politica e della burocrazia per rimetterlo nelle mani dei cittadini e dell’impresa in un contesto competitivo. Due pilastri, ad avviso di chi scrive, imprescindibili per costruire un’offerta liberalconservatrice.



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