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Così Renzi è stato vivisezionato dalla stampa tedesca

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori pubblichiamo l’articolo di Roberto Giardina, apparso sul quotidiano Italia Oggi.

C’è un pericolo per Renzi, che in Germania prendano sul serio quel che dice. Occuparsi troppo di quel che scrivono settimanali e quotidiani tedeschi su di noi potrebbe essere provinciale. Non è che i corrispondenti da Roma e i commentatori che ci giudicano da Berlino o da Monaco debbano avere ragione, ma ovviamente influenzano l’opinione pubblica e, purtroppo per noi, i tedeschi hanno il vizio di leggere.

E la Merkel, come ogni politico, deve tener conto di quel che pensano gli elettori.

Il problema è che gli italiani sono abituati a non credere a quel che promettono i loro rappresentanti. Si fa sempre una tara abbondante. In Germania, il margine concesso ai politici è molto minore. Se non si mantiene la parola, si perde la fiducia, a volte per sempre. Non vale la scusa all’italiana: «Sono stato frainteso». L’unico che ci cade spesso è il leader socialdemocratico e vicecancelliere Sigmar Gabriel, e Wolfgang Schaüble, il ministro alle finanze, lo prende in giro: «Per favore, cercate di capire meglio cosa dice Sigmar».

Se si fa la fama di essere un parolaio, come alcuni predecessori, per Renzi si metterà male, almeno a Berlino. «Italien im Renzi-Rausch», intitola un ampio articolo la rivista Focus: tradotto liberamente, gli italiani stregati da Matteo. E, primo avvertimento, subito c’è un box su Machiavelli, compaesano del premier, che non gode di buona fama in Prussia, anche se non ha mai scritto quel che gli viene attribuito. Machiavellismus contro Merkelismus, è la sintesi del pezzo scritto a più mani. Renzi si presenta come un Musterschuler dell’autore de Il principe, un allievo modello, si aggiunge. Ha trionfato in Italia, ora si vuole profilare come avversario della Cancelliera in Europa. È vero che Matteo ha poi corretto il tiro e professato grande intesa e amicizia con Angela, ma Focus preferisce sorvolare, esce in Baviera, dove si diffida sia della prussiana Angela che del Renzi in maniche di camicia, come lo rappresenta non a caso la rivista, che lancia un referendum tra i lettori via Internet: vi fidate che riesca a tirar fuori l’Italia dalla crisi? è la domanda chiave.

Su Matteo, Der Spiegel arriva con un articolo online: «Supermann con problemi in casa», annuncia il titolo. È già detto tutto: prima di riformare l’Europa, pensi a mettere le cose a posto a Roma. Il nostro premier, e i suoi fans, prediligono il paragone con Tony Blair, che da queste parti invece è giudicato severamente. Molti dei suoi meriti sono in realtà della Thatcher, e ha condotto la Gran Bretagna nella guerra in Iraq mentendo all’opinione pubblica. «Vorbild Schröder» è invece il titolo della Süddeutsche Zeitung di ieri: il paragone va fatto con l’ex Cancelliere.

Anche Gerhard, per affrontare la sfida alla Cancelleria e sconfiggere Helmut Kohl nel 1998, dovette battersi per quasi un decennio contro le strutture del suo partito, i vecchi patriarchi socialdemocratici (ma in Germania non servono le primarie, prima o poi si riesce a prevalere all’interno di un partito).

Il primo ministro italiano fa sul serio con le sue riforme, scrive Jörg Bremer. Schröder riuscì a riformare la Germania alle prese con l’improba impresa di ricostruire la scomparsa Ddr, e avviare allo stesso tempo la ripresa. Nel 2003 Berlino, come ricorda spesso Renzi, sforò i parametri di Maastricht, andando oltre il 3%, ma non sprecò i soldi. Schröder presentò la sua Agenda 2010, che appunto si dava sette anni di tempo per realizzare quanto annunciato. Né i cento giorni proclamati da Renzi ieri, né i mille giorni di oggi.

Nessuno si attende che i fatti siano immediati, basterebbe vedere i primi passi concreti e finora, secondo gli osservatori tedeschi, non ci sono stati. In sintesi, Matteo chiede di far debiti autorizzati dalla Ue per le riforme, Berlino pretende le prime riforme per dare carta bianca. O almeno un inizio di riforma. Senza dimenticare che ci sono riforme che non costerebbero nulla come quella della giustizia: gli investitori stranieri, non solo tedeschi, si tengono alla larga anche perché continua a essere impunito il falso in bilancio.

Come puntare sull’Italia se si rischia di venir truffati e, comunque, per avere giustizia bisogna attendere dieci o vent’anni? Annunciare che la prima sentenza in una causa civile deve giungere entro un anno non è una riforma. Rimane uno slogan. Quel che manca, nei discorsi di Renzi, sempre secondo i tedeschi, è il wie, il come vuole realizzare quel che promette. E i commenti sono obiettivi. Der Spiegel conclude riportando la frase di Matteo: «Il nostro problema non è la Germania, è l’Italia». C’è una parte del paese che rema contro. Schröder realizzò la sua agenda perché l’opposizione cristianodemocratica collaborò, chiedendo modifiche, imponendo compromessi, ma non bloccando per partito preso. E oggi, la Merkel riconosce lealmente che parte dei suoi meriti odierni va attribuita al vecchio avversario, al macho Gerhard secondo cui una donna non poteva mai diventare Cancelliere.

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