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Fincantieri, Poste e Snam, ecco come Forza Italia va alla guerra delle privatizzazioni di Renzi e Padoan

Critiche al governo sul processo di privatizzazioni, rilievi pesanti sull’insuccesso della quotazione in Borsa di Fincantieri, dubbi sull’apertura al mercato da parte di Poste Italiane, forte perplessità sull’ingresso dei cinesi di State Grid con il 35% nel capitale di Cdp Reti.

Sembra una vera e propria offensiva contro le dismissioni alla Matteo Renzi -quella che arriva da Forza Italia. Una interpellanza firmata da Renato Brunetta ed Elvira Savino – che prendeva spunto dai risultati non esaltanti della privatizzazione di Fincantieri – mostra come il movimento berlusconiano si stia muovendo in materia di politica economica.

La risposta del sottosegretario Roberto Reggi – risposta ritenuta non soddisfacente da parte degli azzurri – ha indotto Savino a calcare ulteriormente la mano nei rilievi contro il premier Matteo Renzi e contro il ministro dell’Economia, Piercarlo Padoan.

Ecco alcuni dei principali passaggi della replica, come si evince da resoconto d’aula datato 25 luglio:

DOSSIER FINCANTIERI

“Fincantieri ha dovuto ridurre la quota in vendita da 600 a 350 milioni di euro di controvalore. Avrebbe dovuto essere il progetto-pilota della nuova stagione delle privatizzazioni, ma qualcosa è andato storto perché l’azienda ha dovuto lasciare dubbi sulla capacità di distribuire dividendi nei prossimi esercizi, non ha potuto escludere la necessità di un futuro aumento di capitale, non ha dissipato le perplessità  sulla sostenibilità dei sussidi pubblici che oggi riceve. La stessa vicenda della Legge Navale e dell’intreccio fra Fincantieri e lo Stato Maggiore della Difesa e della Marina rappresenta poi una questione che non vorremmo dovesse essere consegnata al controllo a posteriori della Magistratura”

NODO POSTE

“Cedendo il 40% agli investitori, Poste continuerebbe a rimanere saldamente nelle mani dello Stato, e continuerebbe a ricevere lauti contributi statali. Insomma, lo Stato manterrebbe il suo ruolo di monopolista, lasciando ai privati la possibilità di godere di questo privilegio. In cambio di cosa? Di 4-5, per i più ottimisti 8 miliardi di euro. Ossia circa 4-5 anni di utili (l’utile netto nel 2013 è stato pari ad 1 miliardo di euro). Cui prodest? Il Ministro dell’Economia ed i suoi collaboratori possono minimizzare il rinvio annunciato da Caio ma contnuare a negare un errore strategico nella impostazione delle privatizzazioni à la carte del governo è un esercizio inutile ed ancora più dannoso”.

QUESTIONE CDP RETI

“Mentre noi siamo qui, in questa Aula, il Ministro dell’Economia e Finanze si trova dall’altra parte del mondo. Oggi dovrebbe essere fra Pechino e Hong Kong. Sta terminando una visita in Cina della quale poco si è parlato ma che ha una rilevanza non banale. Questo viaggio va a suggellare un percorso, non sufficientemente trasparente e chiaro, di privatizzazione di CDP Reti, una società che era nata per proteggere le società strategiche nelle infrastrutture della rete, come Terna e Snam, proprio da casi di privatizzazione come quello che invece il governo sta perseguendo. In tutto il mondo la tendenza è quella di separare rigidamente la competitività nell’attrarre capitali – fondamentale in un mondo con sempre meno confini – dal controllo statale delle aziende strategiche. È da valutazioni come questa che prendono forma provvedimenti come la  Golden power, non un’idea di bizzarri teorici del marxismo, ma del liberista mondo anglosassone. La  privatizzazione parziale di Cdp Reti tocca un nodo cruciale per lo sviluppo delle economie del terzo millennio, quello dell’approvvigionamento energetico. Un tema che non può essere liquidato senza tenere conto dei rischi connessi a una cessione in mani straniere di asset così delicati, soprattutto in una economia globalizzata, dove non esistono alleati ma solo interessi momentaneamente convergenti. Se questo è valido in genere, tanto più vale per la Cina. La dote di CDP Reti non è stata offerta in dote ad un fondo sovrano di Pechino ma ad una società operativa, industriale. Questa ha nel suo piano industriale di conquistare le reti europei. La Cina, Paese non democratico ma da sempre punto di riferimento del comunismo internazionale che a quanto pare resiste ancora nel governo guidato dal segretario del Pd, ha trovato il cavallo di Troia per sbarcare nel vecchio continente. Grazie a chi se non all’Italia?”.



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