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Gaza, ecco chi e come vuole screditare Israele

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Mi sono chiesto se il nome Ban Ki-moon (così si chiama il segretario generale dell’Onu) significasse, per caso, ‘’anima candida’’ in lingua sudcoreana. Il massimo rappresentate delle Nazioni Unite si è recato nei giorni scorsi a Tel Aviv, dove, durante una conferenza stampa, ha rilasciato delle dichiarazioni estremamente indicative della linea di condotta dell’Onu nei confronti del conflitto tra Israele e Hamas. Ha cominciato dicendo di aver subito uno choc quando si è accorto che i razzi palestinesi colpivano dei quartieri abitati da popolazione civile. Poi, esibendo una faccia di tolla orientale, ha esortato Israele a mostrare il massimo autocontrollo essendo una nazione forte. In sostanza, Israele dovrebbe mettere in conto una ricorrente pioggia di missili come se si trattasse – che so ? – di un problema meteorologico o un balzello da pagare per il disturbo recato con la propria esistenza. Poi, quando si è reso conto che i miliziani di Hamas avevano impiantato una postazione missilistica in una scuola dell’Onu, ha dovuto invitare i palestinesi a non farsi scudo della popolazione civile. Io non sono un attento lettore dei giornali e seguo poco anche i tg, ma non mi è sembrato che questa presa di posizione di Ban Ki-moon (che ha dovuto arrendersi all’evidenza) abbia trovato lo spazio che meritava. I media continuano a fare un bilancio delle vittime civili, con particolare insistenza sulla tragedia dei bambini, allo scopo di screditare Israele e il suo esercito. Ma che cosa si può pensare di un gruppo dirigente che, per isolare i propri nemici nell’opinione pubblica mondiale, è disposto a farsi scudo di una popolazione inerme ?

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Sarò idealmente a Milano alla manifestazione promossa dalla Comunità israelitica. Il Medio-Oriente è ormai una polveriera che può scoppiare da un momento all’altro. Le potenze occidentali – dopo aver deposto Sadat Hussein che almeno garantiva la stabilità di quell’area e la pace religiosa in Iraq – si sono invaghite del c.d. risorgimento arabo. E’ caduto Gheddafi ed ora in Libia è il caos, l’Egitto è tenuto in pugno dall’esercito. Per fortuna non è andato avanti il progetto di abbattere anche Assad in Siria. Israele è un avamposto della democrazia e dell’Occidente. Ma i Paesi europei sono troppo condizionati dalle infiltrazioni musulmane per rendersene conto. Bisognerebbe avere il coraggio di associare Israele alle Unione europea. E magari anche alla Nato. Ma il coraggio – gli Stati come le persone – non se lo possono dare da soli.

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Ieri sera ha visto in tv per l’ennesima volta il capolavoro di Billy Wilder ‘’A  qualcuno piace caldo’’. La storia è nota: due musicanti  – che avevano incidentalmente assistito al massacro di S.Valentino a Chicago – per sfuggire ai gangster si travestano da donne e si aggregano ad un’orchestra femminile che si sta recando in tournée in Florida. Là uno dei due Gerry/Daphne (impersonato da Jack Lemmon)  viene corteggiato da un  milionario che credendolo una donna lo vuole sposare. Questo equivoco (che può portare alle nozze tra due persone dello stesso sesso) è una delle gag più divertenti del film, perché quel legame viene considerato inammissibile e il solo parlarne è causa di ilarità. Finito il film l’attenzione mi è caduta su di uno spot  di una grande multinazionale dell’alimentazione. Una madre si reca dal figlio e gli cucina un piatto di spaghetti. ‘’Così – aggiunge premurosa – non farai brutta figura con il tuo coinquilino’’. Il figlio le risponde un po’ seccato: ‘’Mamma, non è il mio coinquilino, è il mio compagno’’. Il confronto tra il film e lo spot è presto fatto. Per fortuna i nostri valori etici si sono evoluti. Se il film fosse stato girato oggi, anziché nel 1959, Gerry/Daphne avrebbe potuto sposare il suo riccone e sistemarsi (magari sottoponendosi a qualche taglio, come si dice  in una delle battute ‘’storiche’’ del film). Ma per quanto riguarda lo spot è proprio necessario fare pubblicità subliminale a favore dell’omosessualità ?

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Agli studenti di diritto del lavoro insegnano che nelle ‘’imprese di tendenza’’ (dove le convinzioni  politiche, religiose e quant’altro costituiscono lo scopo stesso dell’impresa ) non si applica l’articolo 18 in materia di licenziamento discriminatorio. In pratica, se il segretario di un partito cambia opinione non può rivendicare il diritto di restare al suo posto anche come dipendente. Se così è, quella scuola cattolica che non ha rinnovato il contratto ad una insegnate gay può essere ritenuta un’impresa di tendenza o no ? A torto o a ragione, una famiglia che iscrive una figlia a quella scuola potrà pretendere che le insegnanti non esibiscano uno stile di vita che essa considera negativo ? Certo, si tratta di questioni delicate: un conto è il sentito dire, un altro conto l’esistenza di una condizione effettiva. Ma non si può partire lancia in resta con una visione unilaterale delle circostanze ed assumendo acriticamente le ragioni di una sola parte.

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