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Il Califfo nei dettagli, anche micro

L’unico che certamente governerà in Iraq per i prossimi giorni, sarà il Califfo Baghdadi. Una sorta di boutade, che però si incontra con l’amara realtà: infatti la seduta chiave del Parlamento in programma per martedì 8 luglio, è stata rimandata a domenica, per l’assenza di un accordo preliminare sul nome dello Speaker – ed è possibile che salti nuovamente. La crisi politica irachena, fa da triste contorno all’avanzata dell’IS, e nonostante le pressioni internazionali sulla necessità di formare un governo unitario che possa fronteggiare politicamente lo Stato Islamico, non sembra facile riprendere il bandolo di questa intricata matassa.

L’hangover post apparizione del Califfo, si porta dietro dietro le riflessioni e le analisi globali: atteggiamento dovuto, per quello che si può definire sinteticamente un «11 settembre senza le fiamme» (citazione da Daniele Raineri, giornalista del Foglio) – e sul quale tuttavia (faccio notare che questo è un mio parere) qui in Italia forse c’è stato un leggero deficit d’attenzione.

Il sermone di venerdì a Mosul, ha avuto (ed ancora ha!) una potenza simbolica e propagandistica straordinaria. Abu Bakr al-Baghdadi aveva armi, uomini, territori controllati, mancava soltanto un’iconografia, un’immagine che lo rappresentasse dopo i tanti anni d’ombra e di pazienza: lo Stato Islamico aveva bisogno di un volto. Tanto che da venerdì è lo stesso IS a riferirsi al Califfo con il suo vero nome: Ibrahim Awwad al Badri (rottamando il conosciuto “Baghdadi”).

E la rappresentazione è stata curata nei minimi dettagli: in barba ai 10 milioni di dollari che il governo americano ha messo sulla sua testa dead or alive (la seconda taglia più alta, dopo quella su Ayman al-Zawahiri, 25mln per la cronaca) dei Predator armati che pattugliano l’Iraq, il Califfo Ibrahim, uno degli uomini più ricercati del pianeta e capo del più importante gruppo jihadista del momento, si è presentato a volto scoperto davanti ai fedeli astanti nella più grande moschea di Mosul, capitale del suo Califfato, dando un sermone di 30 minuti. Passaggio che si era reso necessario, anche per forzare il sostegno (che non sta arrivando come previsto) degli altri gruppi jihadisti nel mondo, e per prendersi le grazie delle fitte tribù sunniti irachene – che potrebbero essere (ma anche questa è una mia opinione) l’unico modo per bloccare l’IS, se dovessero opporvisi.

Presente al santuario Nuriddin, c’era gran parte del Consiglio di Stato dell’IS – riconoscibile in prima fila Omar al-Shishani, ceceno, prima comandante militare del nord della Siria, attualmente definito soltanto come “comandate militare” per una probabile scalata di ruolo, magari in sostituzione di Abu al-Bilawi, capo del consiglio militare dello Stato, ucciso l’8 giugno – e molto servizio di sicurezza.

«Io non sono migliore di te» ha detto il Califfo, «se mi vedi sulla strada giusta aiutami, se mi vedi in quella sbagliata consigliami», ricordando che dopo che il suo gruppo era riuscito a stabilire il controllo territoriale, era loro dovere istituire un califfato.

L’Imam – nella dichiarazione di proclamazione il portavoce al-Adnani lo definisce «the imam and khalīfah for the Muslims everywhere» – ha intrapreso le poche scale che lo separavano dal pulpito, partendo con il piede destro: non perché è ferito (diceria che si era diffusa), ma per rispetto di un’antica liturgia. Una tunica e un turbante nero, replicando l’abbigliamento riportato in alcuni hadith (qualcuno dice quello degli abbasidi, ma sembra non sia corretto), per restituire un’immagine storica ma sobria. Meno sobrio è sembrato a molti il vistoso orologio, anche questo indossato al polso destro come da tradizione sunnita: la destra è la mano “alta” e indossarci l’orologio rientra in una simbologia che lega il proprio progetto al tempo – la sinistra, la mano “bassa”, impura, è quella usata per le abluzioni delle parti intime. Argomento di dibattuto: Rolex? Tag Heur? C’è chi dice fosse un Millgauss – a me non pare, altra opinione -: orologio che la Rolex ha progettato riproducendo una specie di gabbia di Faraday nella cassa, in modo da essere anti-magnetico, pensato per chi è spesso a contattato con forti campi magnetici. Non si sa cosa dovrebbe farsene di un orologio del genere, ma tutto rientra nella costruzione del simbolo, e tanto basta per aprirne una discussione.

Dettagli. D’altronde la simbologia di questo si nutre. Piccoli particolari, minuzie che possono sfuggire anche all’occhio più allenato. Come i nuovi dispositivi-bomba che si teme possano essere costruiti dai terroristi. Gli Stati Uniti sono molto nervosi: hanno chiesto già da qualche giorno di alzare il livello dei controlli in diversi aeroporti internazionali, tra questi Heathrow, sui voli che arrivano negli USA. Un timore è legato ai cellulari: da tempo si teme che possano essere utilizzati come mini-ordigni, adesso sembra che la Transportation Security Administration abbia intrapreso una nuova policy. Se lo smartphone è spento, rischia di essere lasciato a terra: se non si accende, potrebbe essere un ordigno. Ma non solo: ci sarebbero in via di ultimazione anche altri tipi di sistemi. Tutti di dimensioni “micro”: ne ha parlato Guido Olimpio sul Corsera qualche giorno fa, raccontando di come dietro al piano ci sia uno yemenita, Ibrahim al-Asiri, affiliato all’Aqap – al-Qaeda in Arabian Penisula. Un uomo di al-Qaeda, non dell’IS, che starebbe studiando il modo di impiantare bombe direttamente nel corpo dei kamikaze. Poco importa se tra la Base e lo Stato non scorra buon sangue; il rischio è che le gesta del Califfo possano fare da miccia.

@danemblog



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