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Che cosa sta studiando la Casa Bianca per l’Irak

Nuova (o vecchia) strategia americana per risolvere la crisi tra sunniti e sciiti in Iraq? Il Joint Chiefs of Staff del Presidente, Martin Dempsey, sembra rileggere lo spartito del 2007, con la strategia divide et impera che era la base del caso: “Se si può separare i sunniti”, annuncia, “allora il problema diventa gestibile e comprensibile”.

STRATEGIA
E’ la convinzione alla base della quale Washington starebbe inviando funzionari degli Stati Uniti per incontrare i leader tribali sunniti e non solo. L’obiettivo finale, secondo gli auspici dopo aver costretto i combattenti stranieri all’interno dei ranghi sunniti, è la riconciliazione politica tra sunniti e sciiti. Ma le possibilità che non funzioni sono alte.

IL PRECEDENTE
Era il gennaio del 2007 e l’allora presidente George W. Bush immaginò di imboccare un’altra via rispetto all’atavico problema del conflitto tra sunniti e sciiti in Iraq. Così vennero dispiegati 26.000 uomini supplementari rispetto al personale militare già presente in Iraq. L’obiettivo era inserire elementi all’interno del blocco rappresentato dalle forze sunnite, soprattutto tra i combattenti stranieri come al Qaeda e le tribù locali. Le forze statunitensi crearono quindi una squadra di sunniti locali.

LOCALI
Fu creata una forza locale soprannominata “Concerned Citizens” e poi ribattezzata Sahwa, o Figli dell’Iraq. In cambio della partecipazione dei sunniti iracheni ad azioni delle forze di coalizione, Washington avrebbe remunerato una serie di posti di blocco. In seguito Washington tentò di posticipare i pagamenti al governo dominato dagli sciiti del primo ministro Nouri al Maliki. Maliki, tuttavia, rinnegò la sua promessa di trovare posti di lavoro reali per i Figli dell’Iraq.

PARALISI
Nonostante investimenti da 25 miliardi di dollari in formazione da parte degli Stati Uniti, l’esercito iracheno è rimasto paralizzato dal settarismo. Maliki ha trasformato le stesse milizie che hanno combattuto i sunniti durante l’insurrezione. Ma il processo politico iracheno sembra ormai statico. Un sciita sarà probabilmente il prossimo primo ministro, forse anche lo stesso Maliki.

CRITICITA’
Dal 2006 gli Stati Uniti hanno mantenuto la loro maggiore ambasciata a Baghdad, ma l’intero corpo diplomatico, secondo molti analisti, non è stato in grado di compiere significativi passi verso la riconciliazione. La posizione espressa da Dempsey poggia sulla convinzione che i sunniti che compongono lo Stato islamico sono un gruppo eterogeneo di combattenti stranieri, signori della guerra tribali, jihadisti politicizzati e baathisti secolari: con al loro interno divisioni e fronti opposti. Ma nonostante differenze e discrepanze ecco ad accomunarli un forte senso di un nemico comune.

NON FUNZIONERA’
Scettico sulla direttrice di marcia annunciata da Dempsey, è Peter Van Buren, per 24 anni al sevizio del Dipartimento di Stato, anche autore di “Come ho aiutato a perdere la battaglia per i cuori e le menti del popolo iracheno”, un pamphlet che offre una visione sulla cattiva gestione della crisi irachena. Van Buren sostiene che qualsiasi episodio di violenza tra sunniti non dovrebbe essere male interpretato. Inoltre la strategia del 2007 ha fallito sui punti maggiormente strategici, nonostante avesse alle spalle tutto il peso delle forze armate statunitensi. Per cui, asserisce, qualsiasi tentativo di piccole dimensioni per ripetere quello schema probabilmente produrrà gli stessi risultati.

twitter@FDepalo



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