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Come e perché Israele è entrata nella Striscia di Gaza

Il conflitto israelo-palestinese è giunto a un punto di svolta. Dopo giorni di botta e risposta è arrivato il primo blitz di terra delle truppe di Tel Aviv, che hanno condotto nella notte una breve operazione contro un sito di lancio di missili di Hamas nel nord della Striscia di Gaza. E dopo la sesta notte consecutiva di raid, quella di oggi potrebbe essere la giornata decisiva per un’offensiva terrestre.

LE OPERAZIONI ISRAELIANE

Nel frattempo per Israele è caccia ai leader dell’organizzazione palestinese. Secondo il quotidiano Haaretz, l’IDF ha colpito nelle ultime 24 ore 150 obiettivi nella striscia colpendo obiettivi militari e abitazioni e covi dei terroristi. Sin dall’inizio dell’operazione “Protective Edge” Tel Aviv ha realizzato 1220 raid colpendo oltre 630 lanciarazzi, 230 centri militari e 222 tunnel. Hamas ha replicato con un intenso lancio di missili, non ultimi quelli a lungo raggio J-80, tutti intercettati dal sistema di difesa Iron Dome.

IL BILANCIO DEGLI SCONTRI

Il bilancio complessivo e provvisorio degli scontri è salito a circa 160 morti ed oltre mille feriti. Solo poche settimane fa una speranza di pace si era riaccesa con la visita di Papa Francesco in Israele e Cisgiordania e poi con l’incontro spirituale tra Shimon Peres e Abu Mazen in Vaticano. Una speranza svanita, almeno per ora, che ha di recente spinto i membri del Consiglio di Sicurezza dell’Onu a lanciare un “appello per la de-escalation della situazione“, chiedendo “il ripristino della calma e una ripresa del cessate il fuoco del novembre 2012“.

IL MINI-VERTICE OCCIDENTALE

Questo obiettivo sarà perseguito oggi in un mini-verti occidentale a Vienna. A margine di un incontro sul dossier nucleare iraniano, il segretario degli Stati Uniti, John Kerry, e i ministri degli Esteri di Gran Bretagna, Francia e Germania s’incontreranno per discutere l’ipotesi di una tregua nel conflitto in corso. All’appello manca l’Italia. Un’assenza che pesa, sostengono molti osservatori, considerato il tradizionale ruolo della nostra diplomazia nella questione israelo-palestinese. Non solo: toccherà a Roma presiedere per il prossimo semestre il Consiglio dell’Unione europea e potrebbe essere proprio la Penisola ad esprimere il nome del prossimo Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza di Bruxelles.

L’APPELLO DI NAPOLITANO

Un episodio che evidenzia la frammentazione della comunità internazionale e la sua incapacità di affrontare in modo adeguato l’instabilità e la complessità delle crisi in atto. Anche per questo il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in un’intervista del direttore Mario Calabresi pubblicata ieri sulla Stampa, ha spiegato come i focolai in Medio Oriente e Ucraina, non lontano dai nostri confini, impongono un ruolo diverso per il periodo di presidenza italiana dell’Ue appena apertosi. “Questo… deve essere… un semestre di forti impulsi europei per costruire una prospettiva di stabilizzazione e pacificazione a Est e Sud dell’Europa“, con un chiaro riferimento alla tutt’altro che risolta situazione in Libia. Il Capo dello Stato ha evidenziato anche come “la Comunità internazionale, dal dopo 11 settembre 2001, non è riuscita ad affrontare e ad avviare a soluzione con mezzi politico-diplomatici nessuna crisi e non è riuscita a disinnescare nessuna sfida“. Sono “esempi assillanti” e chiari di “una tale insufficienza o impotenza politica“, per l’inquilino del Quirinale, i “fallimenti dei tentativi di negoziato” tra Israele e Autorità palestinese e il superamento del conflitto in Siria. Situazioni che, secondo il presidente, rischiano di incrociarsi ora con “l’attacco fondamentalista in Iraq“.

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