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Juncker, un presidente poco politico

Juncker è stato eletto da un parlamento europeo diviso. Mentre il Ppe ha votato compatto per il suo candidato, il gruppo S&D ha visto le significative defezioni dei socialisti francesi e spagnoli e dei laburisti inglesi. Un malpancismo proprio dei partiti socialisti più importanti sul piano dell’identità politica e culturale. In Gran Bretagna il primo ministro Cameron ha appena concluso un rimpasto di governo che ne sposta l’asse verso i più radicali oppositori del “modello Juncker” d’Europa. La nomina britannica del prossimo commissario, Lord Jonathan Hill, è un chiarissimo segnale che si privilegia un esperto di lobbying politico ad un rappresentante politico.

Come fa dunque Juncker a dichiarare che la sua Commissione sarà “molto politica”?

Ciò che si percepisce è che il cerchiobottismo di Juncker per ottenere l’investitura è solo una maschera che cela la verità: ha vinto la tecnocrazia sulla politica.

Anche dai contenuti presentati nei 10 punti del discorso di Juncker emerge che la tecnocrazia europea, che è pesantemente allineata ai dicktat della Germania, non cambierà affatto la direzione che già conosciamo. Della flessibilità renziana non se ne parlerà più, si conferma il patto di stabilità. Almeno su questo punto i socialisti che non hanno votato Juncker sono stati coerenti, mentre il PD renzizzato si è ignobilmente sottomesso. Le minacce del guappo Pittella si sono rivelate vacue. Probabilmente Renzi non riceverà nulla in cambio. Il posto al Seae per la Mogherini si allontana con uno sbarramento di ben 11 su 28 paesi che sono contrari a questa nomina. Juncker ha annunciato che sarà creato un posto di commissario all’emigrazione che, proprio per disfarsi della materia a livello europeo, sarebbe già stato offerto all’Italia. Insomma, una sconfitta di Renzi e del suo governo su tutta la linea.

Quanto ai Trattati tra Ue e Usa – quello per il commercio (Ttip), per i servizi (Tisa) e per le forniture militari alle missioni Ue (Acsa) – Juncker ha detto che devono andare avanti ma “nel rispetto del criterio di reciprocità”. Proprio le parole esatte che la Germania ha urlato in faccia ad Obama dopo gli scandali legati allo spionaggio Usa. Il principio è li per negoziare, ma non è detto che sarà proprio rispettato nella sua essenza.

In conclusione, il voto a favore di Jean-Claude Juncker non fa ben sperare né in termini di rafforzamento dell’Ue né per l’Italia.

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