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Lombardia, perché il Libro Bianco di Maroni sulla sanità non mi entusiasma

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori pubblichiamo l’analisi di Riccardo Ruggeri, apparsa nel quotidiano Italia Oggi.

Premetto che sono un estimatore, e amico, di un giovane, per dirlo in termini calcistici, «un ’80», Alberto Mingardi: non è né un Erasmus, né un Telemaco, ma semplicemente una delle menti più lucide fra i nostri giovani, per di più un liberale come me, anche se più «puro» di me.

Alberto, che scrive indifferentemente sul Wall Street Journal o sui grandi giornali italiani, ha pubblicato sul Corriere un pezzo esemplare sulla Sanità Lombarda che invito tutti a leggere; purtroppo nessuno ha sollevato il dibattito che il tema imponeva. Confesso pure che c’è un aspetto egoistico da parte mia nell’affrontare questo tema: pur vivendo in Svizzera, alla mia età sapere che al di là del confine, che attraverso di frequente, posso finire sia in un nosocomio pubblico che in uno privato, con la certezza di avere lo stesso trattamento, mi tranquillizza. Alla luce del recente «Libro Bianco» sul sistema socio-sanitario in Lombardia, del Governatore Maroni, temo che non sarà più così, e ciò mi preoccupa molto.

Chi mi legge sa che sono stato un feroce critico di Berlusconi e dei suoi governi, ma gli ho sempre riconosciuto due meriti: una politica estera, specie energetica, che ha sottratto il paese all’orrendo «tallone» delle società petrolifere anglo-franco-americane (colluse con i loro paesi, e con i vari Economist, FT, NYT, Le Monde a reggere il sacco) e la sanità lombarda., da ripetere come modello dell’intero paese. Entrambe di chiaro stampo liberale, purtroppo tutto il resto della sua politica economica è stata sciagurata, così come quella del centro-sinistra, versione prodiana, montiana, lettiana, renziana, che dir si voglia.

Mi sono lette le 156 pagine, in tre tomi, del documento. Sono rimasto colpito che un uomo come Maroni, rappresentante di quella Lega che, insieme a FI e a Formigoni (a prescindere dai disgustosi casi Fondazione Maugeri e San Raffaele), aveva messo a punto e gestito il miglior servizio sanitario italiano, anzi fra i migliori in Europa, si dedichi ora a smontarlo dall’interno. Per dirla in termini manageriali, è il classico documento strategico-organizzativo concepito da banali consulenti, per trasferire ruoli-responsabilità dalle «line» alle «staff», il principio della fine di ogni organizzazione umana di grandi dimensioni, con la contemporanea creazione di caste di alti burocrati, onnipresenti e onnipotenti, con Assessori (politici) proni ai loro voleri.

Un passo indietro. Il geniale principio su cui è basato l’attuale sistema lombardo è quello del «pagamento a prestazione»: la Regione paga solo per le prestazioni effettivamente svolte. Grazie a questa filosofia, le prestazioni del servizio, sia da parte delle strutture pubbliche che da quelle private, avviene alle medesime condizioni, cioè per «prestazione» fornita. Che poi, a queste condizioni di mercato, gli ospedali privati facciano profitti e quelli pubblici spesso perdano quattrini (e le perdite siano ripianate da noi contribuenti), dipende solo dalla capacità gestionale del management di entrambe le imprese, nell’ottimizzare o meno tecnologie, processi, utilizzo della forza lavoro. Quando i privati, vedi crac del San Raffaele, hanno mal gestito sono giustamente falliti (rimando a un mitico articolo sul Corriere di Massimo Mucchetti, luglio 2011), così come il pubblico.

Mi chiedo: perché Fi, Ncd, soprattutto Lega, vogliano seppellire l’unica riforma liberale di questo paese? E giochino pure sulle parole: passare dalla «concorrenza» alla «concorrenza-collaborazione», da «azienda» ad «agenzia», una semantica pelosa che significa cos’altro se non furbate, ad usum burocrati? Il linguaggio del Libro Bianco, che pare più di stampo tosco-emiliano che lombardo, è coerente con i suoi contenuti, il periodare è quello dei tecnocrati delle «terze vie», fumoso, ambiguo (nulla del sano linguaggio terragno della Lega prima maniera), attraversato da orgasmi multipli sul sociale, tipico dei morotei, con la classica spruzzatina del «prezzemolo don Ciotti-Farinetti», oggi imperante.

In queste condizioni fare una Leopolda Blu del centro-destra mi parrebbe ridicolo, meglio una fusione, trasparente, per incorporazione di Lega-Fi-Ncd nel grande «Rassemblement Pd», lasciando fuori solo noi quattro gatti liberali, ultimi giapponesi, e un greco, che anziché chiamarsi Zorba, curiosamente si definisce Tsipras. Questa rubrica, nel suo piccolo, non può lasciar soli l’amico Alberto Mingardi e l’Istituto Bruno Leoni nella loro opposizione ai mulini a vento lombardi, pervasi dalla losca semantica, «privato sociale», «concorrenza-collaborazione», «no azienda, sì agenzia».

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