Fiesta. Dimenticando per un giorno i problemi. A Buenos Aires, come nella altre città argentine, la gente ha festeggiato a lungo il successo della Seleccion.
Messi, Higuain e Di Maria hanno fatto passare in secondo piano l’ennesima crisi economica in cui il Paese si dibatte. Nel 2001 l’Argentina sprofondò nel baratro: il governo non pagò più le obbligazioni emesse; lo spettro di una rivoluzione si fece molto concreto. I trionfi calcistici del 1978 e del 1986 erano lontani e, comunque, i loro ricordi nulla avrebbero potuto per salvare la nazione prostrata.
Ci volle una cura da cavallo per riemergere lentamente, ma gli strascichi di quella crisi poco per volto sono diventati sempre più insistenti. Quando sembrava che Kirchner aveva trovato gli accomodamenti giusti per avviare l’Argentina al risanamento definitivo, ma moglie Cristina, a lui succeduta, non è stata in grado di completare l’opera ed i creditori americani, soprattutto, che hanno visto che nel corso degli anni crescere i loro interessi ed ne esigono il pagamento entro il 30 luglio, come “avvoltoi” (così vengono definiti dai giornali e dal popolo) si stanno per lanciare sulla preda. L’Argentina rischia un nuovo ben più drammatico default rispetto a quello legato ai famosi/famigerati “tango bond”.
Il calcio è una boccata d’aria come per chi sta per affogare. La gioia di un giorno, forse di una settimana e poi via con la disperazione, con la più triste milonga che si possa immaginare. Ma neppure il futebol si salva dalla catastrofe nazionale. “Futebol para todos”, aveva promesso la coppia presidenziale illudendo tifosi e società calcistiche. Ma il calcio gratis per tutti era un’utopia e gli effetti devastanti si sono visti: non ci sono più soldi pubblici da dare ai club che stanno fallendo. Il River Plate, dopo aver svenduto i suoi gioielli, è sul punto di dichiarare la bancarotta.
Immaginiamoci gli altri meno ricchi e prestigiosi. Una catastrofe. I pezzi pregiati invaderanno il mercato europeo e quello asiatico; quelli di minor caratura resteranno in America latina; gli altri si arrangeranno come potranno in patria.
Intanto c’è chi fa sognare l’Albiceleste come ai tempi di Kempes e di Maradona. Non è molto. E’ già qualcosa. Il calcio come oppio dei popoli? Allo stordimento ci ha già pensato la politica.