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È necessario uscire dall’euro per far ripartire l’economia?

Realizzare tagli di tasse per 40 miliardi. Ridurre con coraggio la spesa pubblica. Archiviare l’austerità europea e rinegoziare un Fiscal Compact che calpesta spirito e obiettivi del Trattato di Maastricht. Conferire alla BCE i poteri della Federal Reserve Usa.

Le idee-forza prospettate nel libro “Per la rivincita. Software liberale per tornare in partita”, scritto dal deputato di Forza Italia Daniele Capezzone e presentato a Roma dalla società di relazioni istituzionali e comunicazione “Utopia lab”, abbracciano economia e riflessione politica. E coinvolgono il futuro del centro-destra nel nostro paese.

La rivoluzione liberale unica chance per l’Italia

Presidente della Commissione Finanze della Camera dei deputati, Capezzone trae spunto da semplici constatazioni. Una Unione europea che tra un po’ di tempo permetterà al governo italiano un margine di flessibilità dello 0,1 per cento nel rapporto deficit-PIL per investimenti mirati. E un governo che non ha ridotto la spesa pubblica e ha aumentato il peso del fisco su famiglie, risparmi, abitazioni – 4 miliardi di TASI nel 2014 e 10 nel 2015 – consumi e aziende.

Per tale ragione l’esponente “azzurro” ritiene che l’unica carta da giocare per un contenitore-coalizione costruito sulla tutela e promozione della libertà individuale, della proprietà, dell’impresa, sia la grande promessa liberale del 1994. Promessa “tradita e disattesa da un centro-destra che giunto al potere ha preferito gestire l’esistente piuttosto che promuovere le grandi riforme”.

Soltanto così, rimarca il deputato di FI, l’Italia potrà evitare un avvenire da “parco a tema” fondato sulle bellezze archeologiche, paesaggistiche, gastronomiche. “E riuscirà a sventare il rischio di una svendita generalizzata del patrimonio industriale come avvenuto negli anni Novanta”.

Aggredire la spesa sanitaria delle regioni

Argomentazioni riprese dal suo collega Antonio Martino, economista liberale-liberista e ultimo superstite della stagione pionieristica di Forza Italia. A suo giudizio, le voci di spesa pubblica da tagliare con rigore sono quelle correnti, che crescono automaticamente e finiscono facilmente fuori controllo.

Esempio emblematico è “un assetto regionale che governa 200 miliardi di risorse del Servizio sanitario nazionale, costituendo un centro di dissipazione e malaffare abnorme fonte di frodi, clientelismo, lottizzazione, privilegi, disservizi per i pazienti”.

E provocando, spiega Martino, un costo di 14mila euro annui per una famiglia di 4 persone: “Cifra ben più onerosa del buono sanità che potrebbe essere assegnato a ogni nucleo familiare per una genuina libertà di scelta e concorrenza virtuosa tra servizi alla salute”.

Come riconquistare gli elettori del centro-destra

È un groviglio del genere che per il co-fondatore di Forza Italia bisogna disboscare, tramite riforme e non manovre come l’intervento correttivo da 10 miliardi probabile nell’autunno.

Puntare su interventi radicali per ridurre l’invadenza dello Stato nella vita dei cittadini, promuovere un’unica aliquota fiscale del 25 per cento sui redditi da lavoro e impresa, abbattere le tasse sulla casa ingiuste e contro-producenti per il mercato edilizio.

Ecco i punti chiave della ricetta prefigurata dallo studioso per tornare a convincere i tanti cittadini – “la maggioranza degli italiani” – delusi da un centro-destra responsabile del tradimento e abbandono della “rivoluzione liberale”.

Rompere la gabbia dell’euro?

Mettere in campo dunque politiche espansive, tramite un progetto di shock fiscale nella versione liberista o un forte intervento pubblico di supporto ai consumi in quella keynesiana.

Ma è pensabile promuovere strategie così coraggiose per incoraggiare la competitività del nostro tessuto produttivo – si chiede il direttore Ricerca di Mediobanca Securities Antonio Guglielmi – restando ancorati ai vincoli stringenti dell’Unione monetaria?

Un cambio flessibile

Lo studioso propone di recuperare ragionevoli spazi di flessibilità nel cambio valutario – cui peraltro lavora lo stesso Mario Draghi con l’euro – più conformi alle caratteristiche e alla storia delle imprese italiane.

Uno scenario ai suoi occhi ben più efficace rispetto all’adozione degli Eurobond e a un’Unione politico-fiscale che comporterebbe un improbabile trasferimento di 10-20 punti percentuali di PIL dai paesi più forti a quelli vulnerabili.

Nessuna illusione verso la Germania

Al contrario, precisa il capo analista di Mediobanca Securities, è velleitario coltivare aspettative sull’apertura del governo tedesco a una flessibilità nelle regole di bilancio europee in cambio dell’attuazione di riforme radicali.

La ragione è semplice: “La Germania non lo permetterà mai, perché altrimenti vedrebbe ridurre la propria competitività e il volume delle esportazioni”.


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