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Ottaviano del Turco, giovedì 10 luglio 2008

Giovedì 10 luglio 2008, era giovedì anche 6 anni fa.
Il giovedì che ha preceduto quel lunedì 14 luglio 2008 in cui il governo della Regione Abruzzo fu azzerato dall’arresto del presidente Del Turco e altre 9 persone, coinvolte a vario titolo nella Sanitopoli abruzzese.

Sanitopoli, questo il titolo che le testate nazionali e i tg spararono a caratteri cubitali. Gli imputati furono accusati di aver preso milioni di euro di mazzette da Vincenzo Angelini, patron della clinica Villa Pini.

Ripercorreremo gli avvenimenti di quei giorni, accompagnando l’Abruzzo fino a quel lunedí nero della sua storia che ha lasciato cicatrici profonde nella vita di molte, troppe persone, e che ha cambiato il destino di questa regione.

Abbiamo incontrato Ottaviano Del Turco a Collelongo, nel suo salone, davanti al caminetto spento.

«Avevo capito che qualcosa non andasse proprio dal giovedì, quando il presidente del Consiglio Regionale, Marino Roselli, insistette con un mio collaboratore affinchè firmassi la promulgazione della legge sul Commercio. Una legge già passata in consiglio, che aveva bisogno della firma amministrativa del presidente della Giunta per divenire attuativa. Mi pregava di procedere alla firma prima possibile. Non riuscivo a capire perchè non potesse aspettare lunedì. Disposi affinchè preparassero le carte, ma non ero sereno. Quella fretta mi aveva messo in allerta e scelsi di non anticipare la firma.
Roselli era un uomo di D’Alfonso e sapeva già che io sarei stato arrestato».

Ottaviano Del Turco aveva vinto le elezioni ad aprile 2005 con il 58% delle preferenze contro l’uscente Giovannino Pace.
Una carriera politica di grande rilievo per il delfino di Lama che aveva dovuto prendere la decisione difficilissima di tentare di salvare il Psi dopo la crisi del 1992, che non sarebbe riuscita a nessuno e che non riuscì nemmeno a lui.

Un uomo autorevole e di grande cultura, appassionato di pittura e pittore appassionato.
Ex ministro delle Finanze con il governo Amato e presidente della commissione affari sociali del parlamento europeo, Ottaviano Del Turco diventa l’uomo della ‘provvidenza’ in Abruzzo quando, all’inizio del 2005, appare insormontabile l’incandidabilità del sindaco di Pescara Luciano D’Alfonso.

«Ho ricevuto tantissime telefonate in quei giorni» tra cui Franco Marini e Romano Prodi per chiedesero a Del Turco di candidarsi in Abruzzo. «Allora ero presidente della Terza commissione Affari Sociali a Bruxelles – racconta – e mi stavano presentando la sfida molto importante e complessa di riconquistare l’Abruzzo. Decisi di accettare».

Lavorare per il bene dell’Abruzzo aveva un sapore diverso. Per anni gli abitanti della Marsica e del Fucino avevano visto passare i protagonisti della politica nazionale che Del Turco riceveva nella sua casa di Collelongo. Famosi gli invitati illustri nella notte di Sant’Antonio in casa Del Turco, il 13 gennaio.

L’ex ministro ha sempre frequentato il suo paese d’origine ed ha sempre amato le passeggiate tra le montagne abruzzesi al mattino presto e, perchè no, la partita serale a tresette al bar con gli amici di sempre.

«Osservo le questioni della regione – spiega Ottaviano Del Turco – con molta preoccupazione. Dal 2005 al 2008 abbiamo rimesso in ordine i conti della sanità abruzzese con un duro lavoro di scontro e di ridimensionamento. Gli assessori alla sanità che ci hanno seguito, hanno ereditato una situazione migliore di quella che dovemmo affrontare noi.
Abbiamo promulgato la Legge 6 e la Legge 20, istituendo per la prima volta nella storia della regione una commissione di controllo sui ricoveri e le prestazioni delle cliniche. Cliniche che – continua l’ex presidente -, è risultato dai controlli, facevano risultare nei report fino a tre ricoveri per uno stesso posto letto.

Chiodi pensava di aver avuto dei benefici dalla congiura contro di me: il posto di presidente e le leggi contro le cliniche, ma alla fine ha pagato per non aver avuto la forza di essere incisivo.
Sono amareggiato per come stiano andando le cose in Abruzzo. Siamo andati alle elezioni senza che nessuno conoscesse il funzionamento della nuova legge elettorale. E la cosa più strana è che i non eletti, cacciati da un’interpretazione, non abbiano fatto ricorso. Una regione senza regole, sono preoccupato!»

Lo sguardo assorto nei suoi pensieri tradisce una intensa profondità. Preferisco non interrompere il flusso e lascio che escano uno dietro l’altro, naturalmente, così come vengono. «Non ho mai avuto buoni rapporti con D’Alfonso. Quando lo chiamai x il consorzio acquedottistico pescarese che aveva definito l’acqua che si beveva a Pescara ‘quasi buona’, gli chiesi di cacciare gli autori di quella ridicola certificazione e lui mi assicurò che lo avrebbe fatto. Il martedì successivo durante l’assemblea, propose la riconferma di tutti. La rottura non fu mai risanata».

«Luciano vuole comandare, non governare. Spero che riesca a dare all’Abruzzo le ali necessarie per l’adeguamento delle strutture della regione per far funzionare le cose. Lui non litiga e non fa polemiche, ha sempre una buona parola per tutti, ma lui decide, accentra e controlla tutti i processi».

«Ho visto morire un partito in Abruzzo. Il Pd nn esiste più, ci sono capi locali ed è scomparso l’equilibrio tra i territori, la marsica e L’Aquila escono distrutte da queste elezioni.

La nomina di Lolli a vice presidente è parte di un altro equilibrio, quello che riguarda il destino di Trifuoggi».


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