L’energia in Italia costa troppo. La ragione risiede soprattutto nell’alta dipendenza energetica del nostro Paese dall’estero.
Nel sottosuolo e al largo delle coste italiane si trovano rilevanti giacimenti di idrocarburi, che però spesso non vengono sfruttati a causa dell’opposizione delle comunità locali e degli stessi amministratori, preoccupati da un calo di consenso.
Problematiche a cui il governo Renzi vorrebbe porre rimedio con un provvedimento sulle attività di estrazione a mare attualmente in discussione ed approvazione presso i due rami del Parlamento.
Permangono i malumori e gli allarmi di alcune forze politiche presenti nell’emiciclo, che sono però messi in discussione da un report, redatto da addetti ai lavori, che circola in Parlamento. Nel testo vengono smontate punto per punto, dati alla mano, alcune delle critiche affermazioni più ricorrenti nelle proposte di legge “antagonistiche” e “veteroambientaliste” in Parlamento e relative al settore oil&gas, con particolare attenzione all’off-shore.
Ad esempio: è vero che il Mar Mediterraneo, con una dimensione inferiore all’1 per cento dei mari del mondo, è gravato dal transito del 25 per cento del traffico mondiale di idrocarburi, di cui solamente un terzo destinato ad approdi e consumi mediterranei?
Secondo il report assolutamente no. Le piattaforme offshore – dicono dati del settembre 2012 di uno studio commissionato dall’Assomineraria e condotto dal Rie (Ricerche Industriali ed Energetiche di Bologna) – “riducono (e non incrementano) il traffico di petroliere“: la produzione nazionale “contribuisce a ridurre il traffico di petroliere nei mari italiani“: riduzione stimata “di una petroliera di medie dimensioni ogni tre giorni“.