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Un po’ di numeri sulle unioni civili

Se un adolescente della mia generazione avesse mostrato qualche svenevolezza di troppo o qualche ritardo nell’interessarsi dell’altrui sesso, i genitori (erano ancora, saldamente, il padre e la madre, non i numeri 1 e 2) si sarebbero precipitati a sottoporlo alla visita di un neurologo (allora non si andava ancora dallo psichiatra), il quale avrebbe imbottito il ragazzo di estratti epatici, riportandolo sulla retta via, con l’aggiunta di robuste prediche in cui veniva descritto a tinte fosche l’abominio dell’omosessualità.

Se il tentativo falliva e il malcapitato restava prigioniero delle sue inclinazioni, per lui c’era il rischio della morte civile. Condannato ad una vita di dissimulazioni non aveva amici, era discriminato in tutte le sue attività. Se poi vogliamo dirla tutta, nessuno nel dopoguerra si diede cura di ricordare che tra gli internati nei campi di sterminio c’erano pure persone costrette ad esibire, sul pigiama a righe, un piccolo triangolo rosa. Tempi per fortuna lontani. Oggi, se sei omosessuale ti riconoscono un ‘’marcia’’ in più, sei più moderno, più di sinistra. Fin da bambino ti spiegano che non ci sono differenze, che puoi amare chi vuoi, lanciandoti un messaggio subliminale a favore di quella scelta che prima era considerata contro natura.

Così, se hai avuto esperienze omosessuali ti conviene indicarlo nel curriculum vitae, soprattutto se ti è capitato frequentando un master all’estero, meglio se nel Regno Unito. Poi, dove la metti la soddisfazione di vedere tanta gente che si batte per i tuoi diritti? Per consentirti di sposare il tuo partner nell’epoca in cui ben pochi contraggono ancora matrimonio, di partorire figli (magari con la fecondazione eterologa se sei lesbica) o di adottarne, quando le coppie eterosessuali di figli non ne fanno più. E che dire di un Papa che, davanti al fenomeno dell’omosessualità, non si ritiene all’altezza di giudicare?

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Nel momento in cui si parla di riconoscere le unioni civili per le sole coppie omosessuali, sarà bene misurarsi con qualche numero. In Italia, mettendo a confronto i due ultimi censimenti (2001 e 2011) è aumentato il numero delle famiglie, passando da 21,8 milioni a 24,6 milioni. Il numero medio dei componenti è invece diminuito: da 3,3 a 2,4 persone. Le coppie, nel 2011, erano 14 milioni. Quelle non coniugate sono passate, nell’arco di tempo compreso tra i due censimenti, da 510mila a 1,2 milioni: il 10% del totale al Nord; il 9,4% nel Centro; il 5,2% al Sud e il 6,3% nelle Isole. Quelle del medesimo sesso che – alla domanda del questionario Istat, ‘’Relazione di parentela’’ hanno risposto ‘’Conviventi in coppia’’ – sono state, sempre nel 2011, 7.513 (il 41,7% del totali nel Nord Ovest). Ammesso e non concesso che siano tutte coppie gay e che il dato sia sottovalutato, val la pena di prendersela tanto?

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7.513. Ricordiamoci questo numero per quando, una volta approvata la legge sulle unioni civili con annessi diritti previdenziali, lo vedremo moltiplicarsi con progressione geometrica, a partire dal Sud.

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