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Solo primarie e liste civiche faranno riemergere il centrodestra alle Regionali

Riceviamo a volentieri pubblichiamo

L’assoluzione di Silvio Berlusconi nel decisivo caso “Ruby” ha determinato consensi non solo tra i seguaci di Forza Italia e alleati ma più in generale in una società italiana stanca delle guerre giudiziarie e preoccupata dalle insidie economiche nazionali e del quadro politico internazionale.  E’ questo il primo segno da sottolineare perché indica a chiunque si muova per gli interessi generali e non solo per quelli di parte, i compiti più immediati: allargare la pacificazione, accelerare la riforma dello stato (compresa la giustizia), definire un perimetro di questioni di interesse nazionale su cui realizzare convergenze (si consideri solo il tema di una nostra presenza in Europa così sottoposta oggi ai capricci egemonici della Germania).
Spiace che anche persone che stimo si concentrino invece su problemi come quelli della leadership del centrodestra: porre le questioni di parte prima di quelle nazionali è sempre un errore. Abbiamo tempo per affrontare la questione di un candidato a premier del centrodestra, oggi semmai è attuale scegliere i candidati per le regionali. E un clima di pacificazione più aiutare il centrodestra a fare scelte meno d’emergenza: il proscioglimento di fatto di Roberto Formigoni dopo alcune indagini che parevano innanzi tutto provocatorie mi pare che indichi un orizzonte meno tempestato da interventi impropri della magistratura (dalle “tentate vacanze” formigoniane alle mutande cotiane, ai 50 euro in più dell’albergo di Chiodi all’ “improvviso abuso” di Scopelliti e così via).

In questo nuovo scenario mi pare che il rasserenamento dello stesso Berlusconi sarà un elemento rilevante per costruire alternative agli schieramenti regionali della sinistra, che se non definite con intelligenza diverranno automaticamente perdenti.

Si comprendono alcune intemperanze di Matteo Salvini per mantenere i legami con il proprio elettorato ma anche una regione da sempre saldamente di centrodestra come il Veneto diverrà terreno di pascolo della sinistra, se non si svilupperà un’articolazione attenta e meditata delle alleanze di centrodestra. Così come mi sembra un modo per aprire (male) una trattativa quello di Maurizio Lupi che propone di rompere con leghisti e “fratelli d’Italia” con cui peraltro governa sia il Veneto sia la Lombardia, per le loro poszioni sull’euro.
In Italia l’emergenza politica tra il ’92 e il ’94 ha spinto alcuni movimenti collocati in posizioni politiche extrasistema come la Lega e il Msi (compresi allora gli Augello e gli Scopelliti oggi centrali in Ncd) a diventare forze di governo: ciò è stato assai utile alla nazione perché ha allargato la base di governo. I grandi paesi hanno bisogno di schieramenti alternativi tra loro che tengano insieme le ali moderate e radicali, non di dividere queste “ali” così da indebolire la politica e renderla perlopiù subalterna a sistemi di influenza straniera.
Oggi dovremmo rimangiarci uno dei pochi passi positivi che hanno caratterizzato questo ventennio e per far che? Per costruire un partitino tecnocratico-tedesco come quello di Mario Monti all’inseguimento di uno 0,…?

Proprio perché il confronto immediato è sui programmi regionali alcune questioni più generali potranno essere rimandate a una riflessione più approfondita, costruendo nel frattempo un’unità a partire dalla società e dagli enti territoriali che aiuti anche i processi successivi.

E’  evidente – e mi sembra che anche Berlusconi con un atteggiamento sempre più da saggio e meno da sbrigativo monarca indichi questa via – come le forze oggi in campo (l’asse della protesta, Forza Italia, l’intesa Udc-Ncd) siano insufficienti per competere con la sinistra in regioni dove questa tradizionalmente “regna”: dall’Emilia all’Umbria, dalla Toscana alle Marche fino alla Puglia e alla Basilicata e alla mia Liguria natualmente.

Eppure anche le ultime elezioni con i casi di Padova, Perugia e Livorno dimostrano come siamo in un’epoca dove i più sicuri domini possono essere messi in discussione  dal voto dei cittadini ai quali va però presentata un’offerta aggiuntiva (con l’ambizione di essere quella che produce l’effetto marginale necessario a vincere o comunque a essere significativi) radicata nella società.

La saggezza berlusconiana con la scelta di puntare su ampi rassemblement e di costruirli con le primarie per i candidati governatori, va in questo senso. Ma servono accanto a questo indirizzo generale, specifiche liste civiche che diano i sapori e i contenuti di un’indispensabile novità.

Nell’era post Ruby ciò è ancora più possibile.



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