Scripta manent. Forse bisogna ripartire da qua, dal discorso di Caio Tito al Senato romano sulla prudenza nello scrivere. Perché se in fondo le parole si dimenticano (anche se oggi va più di moda smentirle), si rimangiano e si rettificano, insomma se le porta via il vento, ben altro è il discorso per gli scritti. Destinati a restare, immutabili nel tempo, e a definire la storia, i pensieri, le idee, gli errori, le intuizioni e persino le contraddizioni del loro autore. Ecco perché nell’era delle relazioni 2.0, quella in cui andiamo troppo di corsa per fermarci a parlare con calma, tutto ciò che postiamo sul web assume una dimensione altra rispetto alle parole non scritte. Una cristallizzazione del pensiero che, nel bene e nel male, è destinata a cambiare anche l’approccio alla comunicazione.
CHI C’ERA ALLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO SU RENZI. FOTO DI PIZZI
E la comunicazione politica non può restare immune da questo contagio. Tanto che, dopo una serie di tentativi più dovuti che convinti su siti, blog e Facebook, oggi il mondo politico sembra aver trovato la sua piattaforma di comunicazione ideale nel social network che più di tutti si adatta all’immediatezza del messaggio e all’amplificazione dello slogan: Twitter.
E in Italia, quando si parla di politica, il social network del cinguettio ha indiscutibilmente un nome e un cognome, quelli di Matteo Renzi. Il premier in carica si è infatti identificato in maniera talvolta indissolubile con Twitter. Primo ministro più seguito d’Europa, con oltre un milione di follower (David Cameron, secondo in questa classifica, segue staccato di ben mezzo milione), abile comunicatore e straordinario utilizzatore del web. Anche perché poco importa che contestualmente risulti secondo in classifica per il numero di seguaci falsi. Anche eliminando i 400mila profili presunti “fake” resterebbe infatti comunque il capo di governo più se- guito. Ma se nel Belpaese anche il numero dei follower diventa spesso una gara a chi ce l’ha più lungo e da questo punto di vista nulla sembra poter insidiare il podio di Valentino Rossi (@ValeYellow46), Jovanotti (@lorenzojova) e Balotelli (@FinallyMario), tutti abbondantemente sopra i due milioni di seguaci, sta di fatto che l’ascesa di Renzi nella vita politica coincide con la sua ascesa su Twitter. Ironia della sorte, l’unico “personaggio politico” (possiamo definirlo così?) che precede Renzi per numero di follower è Beppe Grillo, a quota un milione e quattrocentocinquantamila.
PAOLO MESSA MODERA #ARRIVO ARRIVO. LE FOTO DI PIZZI
Il che ci porta a una prima immediata considerazione: i leader dei due principali partiti d’Italia sono anche i due politici più seguiti sul web. È vero, certo, che la visibilità – amplificata dai media tradizionali – cresce diventando anche popolarità sul web, ma è anche vero che chi negli ultimi anni ha costruito la propria comunicazione sulla rete ha letteralmente “scalato” il Paese. Mentre tutti quei politici che dal web si sono tenuti lontani sembrano oggi in caduta libera o comunque distanti anni luce dalle dinamiche del presente. Vale per l’ex re dei comunicatori, Silvio Berlusconi, ma anche per i rottamati del PD e per tantissimi altri. La comunicazione cambia, si trasforma e richiede capacità espressive all’altezza della situazione. Attenzione, però: la comunicazione che emigra su piattaforme più consone all’attualità, pretende anche comunicatori che sappiano utilizzare un nuovo linguaggio. Insomma, non basta aprire un profilo Twitter per potersi dire al passo con i tempi.
Da questo punto di vista, in effetti, il linguaggio utilizzato da Matteo Renzi e Beppe Grillo appare molto diverso. Grillo è più blogger, punta a una comunicazione più articolata e più provocatoria, in cui il centro dell’universo è comunque rappresentato dal proprio blog, sia per fini propagandistici che per questioni di marketing. Gli stessi tweet di Grillo sono spesso link che rimandano al blog, o sono retweet di gente che cavalca i temi e i tormentoni lanciati dal leader dei Cinque Stelle. Renzi, in questo senso, è più vicino al linguaggio 2.0. Quando usa il social del cinguettio lo fa in modo immediato, diretto, efficace. Modalità d’approccio che si fondono perfettamente con le abilità richieste da Twitter, che non a caso è diventato il mezzo di comunicazione preferito dal premier. E nelle pagine che seguono proprio di questo ci occuperemo: di come Matteo Renzi utilizzi Twitter, e di come questo strumento abbia condizionato la sua comunicazione e influito sulla sua corsa a Palazzo Chigi.
TUTTE LE FOTO DI PIZZI ALLA PRESENTAZIONE DI #ARRIVO ARRIVO
Per riuscire in questa operazione avevamo bisogno innanzitutto di poter lavorare sulla materia prima, ovvero l’intero archivio di tweet del premier, dal 2009 a oggi. L’idea era infatti quella di ripercorrere la corsa di Renzi da Palazzo Vecchio a Palazzo Chigi attraverso i suoi tweet. Perché la sostanza di cui è fatta questa pubblicazione sono proprio i cinguettii dell’ex sindaco. Attraverso la loro osservazione cercheremo di farvi assistere all’evoluzione del pensiero e del linguaggio del premier, per capire come si sia passati da tweet scritti in terza persona, dai toni freddi e impersonali, spesso funzionali soltanto a rimandare a un post su Facebook (a sua volta scritto in terza persona) all’uso disinvolto e graffiante di Twitter, fatto di tweet scritti di proprio pugno, di slogan, di provocazioni pepate, di riflessioni, di risposte e interazioni dirette con gli utenti, di ironia e di proposte, fino alla consacrazione dello strumento Twitter, utilizzato addirittura in conferenza stampa a Palazzo Chigi il 18 aprile 2014 per spiegare attraverso 10 “cinguettii” il decreto «Per un’Italia coraggiosa e semplice», con il quale il Governo Renzi ha ratificato il bonus per i redditi medio-bassi e i tagli all’Irap per le imprese.
Eppure il primissimo tweet di Renzi, una sorta di cimelio storico da esporre nel museo della comunicazione, datato 8 gennaio 2009, già lasciava intravedere il potenziale comunicativo dell’ex sindaco di Firenze: Torna a pensare che per il PD fiorentino più che le primarie ci voglia il primario!
CHI C’ERA ALLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO SU RENZI. FOTO DI PIZZI
Da quel tweet all’“arrivo arrivo” twittato il 21 febbraio 2014 dal Quirinale, durante il colloquio con Napolitano nel corso del quale stava sciogliendo la riserva e presentando la lista dei ministri, l’approccio dell’ex rottamatore al social network è cresciuto esponenzialmente, e con lui la sua comunicazione e il suo appeal politico. E il periodo che va dal suo primo tweet all’inizio dell’avventura di Palazzo Chigi è anche quello che abbiamo deciso di indagare, affiancando all’analisi il racconto di una storia con un suo inizio e una sua fine. Dall’«ansia d’un cor che indocile serve pensando al Regno», fino al giorno in cui «il giunge e tiene un premio ch’era follia sperar».
Non è Napoleone Renzi, eppure la sua strategia comunicativa diventa una sorta di campagna d’Italia, innalzando la semplice campagna elettorale a qualcosa di nuovo e di rivoluzionario, trasformandola in un mix dirompente di slogan e messaggi che piacciono alla gente. Un percorso scandito dalla voglia di cambiamento e dal passo, veloce e deciso, di chi non smette di puntare al traguardo nenche durante le difficoltà. Non a caso la metafora della corsa è quella che meglio si addice a questo ideale tragitto che l’ex sindaco da maratoneta, qual è nella vita reale, porta a termine con una determinazione assoluta. E quell’arrivo arrivo twittato dall’interno degli uffici del presidente della Repubblica, in fondo è il suggello ideale a questa corsa durata cinque anni.
Matteo Grandi, giornalista, direttore di «Piacere Magazine», blogger, autore radio e tv
Roberto Tallei, giornalista di Sky Tg24, collabora con l’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino.