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Non è col buonismo che si difendono i cristiani dalle violenze

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’analisi di Gianfranco Morra apparsa su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

Tassati, venduti, cacciati, uccisi, bruciati, crocifissi. In Irak, ma non solo. Dovunque splende la mezzaluna i cristiani sono sopportati (poco) e perseguitati (molto). Solo i regimi tirannici di Saddam e Gheddafi erano riusciti col terrore a frenare le lotte di religione. Che oggi imperversano, non solo tra islamici e cristiani, ma anche tra islamici e altre religioni (induiste e buddhiste, sincretismo degli yazidi), come pure tra diverse tradizioni dell’islamismo (sciti e sunniti). Le chiese, i templi e le moschee degli “infedeli” vengono bruciate o fatte saltare.

Perché ancora guerre di religione? La ragione di fondo ce l’hanno mostrata gli storici. L’islamismo è la religione della guerra e della conquista, il suo Messia non è un capo che dona la libertà al suo popolo (Mosé) o un mite predicatore dell’amore (Gesù), è un sacerdote-guerriero, che seppe galvanizzare il popolo arabo e lanciarlo alla conquista del mondo: dalla Spagna all’Indonesia e all’Africa. Stavano invadendo tutta l’Europa, ma Carlo Martello a ovest (732) e Leone III Isaurico a est (717) li fermarono con le armi.

Quando gli arabi furono sostituiti dai turchi, due secoli di crociate difesero (con tutti gli interessi ed eccessi delle guerre) il mondo cristiano. “La lunga età di gloria che fu chiamata Medioevo animò la difesa contro l’Islam, così minaccioso alla civiltà europea”: ma chi lo ha detto, un integralista clericale? no, un grande laico e liberale, Benedetto Croce (Perché non possiamo non dirci cristiani, 1942).

L’Europa unita lottò per secoli contro gli islamici, che invasero l’Europa orientale, furono fermati a Lepanto (1571) e a Vienna (1683). Nel 1454 avevano distrutto Costantinopoli. E l’Italia divenne il rifugio di profughi greci e albanesi, le cui tradizioni sono ancora così presenti soprattutto in Salento, Molise e Calabria. Oggi la storia si ripete. I card. Bagnasco e Scola ci chiedono di ospitare i profughi cristiani. Giusto e doveroso, ma gli spazi sono pochi, perché occupati ormai da decine di migliaia di invasori (pardon di “migranti”) islamici.

Per singolare paradosso sono più i laici che i cattolici a suonare il campanello d’allarme (si pensi a Galli della Loggia e Ferrara). Ciò dipende dalla paradossale situazione della Chiesa cattolica dopo il Concilio e soprattutto oggi col nuovo pontificato. Niente è meglio della pace fra le religioni, soprattutto fra le tre bibliche che hanno, come si dice, “lo stesso Dio”. Ma questo giusto pacifismo religioso, se diventa buonismo e lassismo, impedisce di difendere la propria religione. Cusano, che della convivenza pacifica (De pace fidei, 14 ) fu uno dei più alti ideologhi, morì a Todi (1464) mentre si recava ad Ancona per predicare una nuova crociata contro i turchi.

Nei fatti il processo di secolarizzazione rivela oggi le sue crepe. Dovunque è in atto un risveglio religioso, ma in forme diverse. In Europa avviene dentro una distruzione della tradizione (greco-romana-cristiana) del continente. Il valore supremo, che si vorrebbe esportare ovunque è quello (cristiano) della democrazia, che l’Islam non potrà mai accettare, in quanto religione e politica vi sono una sola cosa (come disse “sfacciatamente” Papa Ratzinger a Ratisbona!). La primavera islamica ha in genere portato al potere i fondamentalisti, che applicano alla lettera il Corano, spesso in forme crudeli e disumane: infibulazione, soggezione delle donne, punizioni corporali, lapidazioni, pena di morte, mutilazioni. Cose prescritte dalla loro religione di totale dipendenza dell’uomo da Allah. Un richiamo ascoltato, non solo dai musulmani: il trend delle conversioni religiose vede non pochi cristiani farsi islamici, mentre ben raramente avviene il contrario.

Un religione che “tira” è sempre integralista, fondata su certezze assolute, essa lega nella Chiesa tutti i fedeli, impone obblighi morali e sociali indiscutibili, attribuendo così una identità. L’islamismo è integralista quasi dovunque, del resto esso è per natura la religione dell’obbedienza (islam significa “sottomissione”, che produce “adesione interiore”, iman, e “azione giusta”, ihsan). Sottomessi a Dio (muslim), non a Maometto: non siamo “maomettani”, ma “musulmani”.

E’ giusto che la religione cristiana eviti i pericoli del fanatismo religioso. Senza, tuttavia, che ciò implichi un indebolimento delle sue certezze, come appare in alcune espressioni dell’attuale pontificato: “Dio non è cattolico”; la Chiesa “è un ospedale da campo, non vuole convertire nessuno”; la morale non è condanna, ma misericordia (“non esistono valori non negoziabili; ma chi sono io, per giudicare?”). Col pericolo che l’ecumenismo divenga rispetto di tutte le religioni, meno della propria.

Decadenza della religione cristiana e della civiltà occidentale sono per i laici come per i cattolici una sola cosa. Lo aveva capito a fondo quella insopportabile toscanaccia che fu Oriana Fallaci: ”Il terrorismo è solo la punta più barbara della guerra dell’Islam contro l’Occidente. Più perniciose e catastrofiche sono la religione e l’immigrazione, per cui l’Europa è ormai una Eurabia” (La forza della ragione, 2004).

Anch’io talvolta sono rimasto sconcertato dalla sua intransigenza (La rabbia e l’orgoglio, 2001). Ma le sue intuizioni, anche se sgradevoli, non erano meno acute. Il card. Giacomo Biffi era stato più sintetico, ma non meno realistico: “I cattolici col dialogo ad ogni costo preparano la propria estinzione. L’Europa o ridiventerà cristiana o diventerà musulmana” (L’immigrazione, 2000).


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