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Tutti gli effetti delle sanzioni occidentali sull’economia russa. Report Sace

La guerra di sanzioni tra Occidente e Russia prosegue. Il 6 agosto il presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto per limitare o bloccare per un anno le importazioni di prodotti agricoli e alimentari in Russia dai Paesi che l’hanno sanzionata.

Il  gesto del Cremlino è una risposta alle nuove misure intraprese da Usa e Ue che – spiega un report a cura dell’Ufficio Studi Sace – avranno un impatto più significativo sull’economia russa rispetto alle precedenti.

UN PAESE INDEBOLITO

Il nuovo pacchetto, si legge nel paper, agirà “su un paese con un quadro macroeconomico indebolito (il FMI a luglio ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita del PIL russo per il 2014 passate da 1,3% a 0,2%)”. Un rallentamento, originato principalmente da un calo degli investimenti pubblici e privati e da una crescita globale ancora moderata, ma che per Sace sarà acuito “dall’impatto delle sanzioni” (sotto il grafico).

GLI EFFETTI

Quali saranno le ripercussioni sull’economia di Mosca? Secondo il report il primo ad essere colpito sarà il “settore bancario” che “sperimenterà un aumento del cost of funding con una ripercussione negativa sulla capacità delle banche di concedere prestiti al settore corporate e, di conseguenza, una possibile contrazione dell’attività di investimento privato”.
La situazione di poca fiducia nel Paese poi “potrebbe disincentivare l’afflusso di capitali, in particolare dall’Europa” e anzi accelerarne il deflusso (nel primo trimestre dell’anno sono fuoriusciti dalla Russia circa $51 miliardi che potrebbero salire a $100 miliardi secondo il FMI).
La riduzione degli scambi commerciali con l’Europa potrebbe inoltre “avere un impatto sulle aziende esportatrici russe”, incidendo su beni energetici e settore militare.
Sempre nel settore energetico, rileva Sace, “l’irrigidimento dei rapporti tra Russia e Europa potrebbe
determinare un ritardo nei grandi progetti energetici previsti tra le due aree”, come il gasdotto South Stream partecipato da Eni, con l’effetto “da un lato spingere la Russia nel breve termine a rivedere gli accordi di fornitura di energia all’Europa” e dall’altro “incentivare Bruxelles a diversificare nel lungo periodo i propri approvvigionamenti energetici”.

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