Pubblichiamo un articolo di AffarInternazionali
In questi giorni si gioca il futuro dei rapporti Est Ovest. La Russia di Vladimir Putin è messa sotto pressione, e sembra propensa a rispondere in modo duro. Le conseguenze potrebbero essere pericolose per la sicurezza e l’unità politica dell’Europa.
L’Occidente vorrebbe aprire un dialogo, ma non sembra aver trovato il modo per portare il Presidente russo ad accettare una trattativa che egli vede, almeno per ora, tutta a suo sfavore.
Il ritorno della “Guerra fredda”
Il risultato di questo dialogo tra sordi potrebbe essere un nuovo difficile periodo di “Guerra Fredda”, giocato sulla pelle degli ucraini, dei georgiani e delle altre repubbliche ex-sovietiche, e portatore di nuove tensioni in Medio Oriente e in Asia.
Già dal Vertice Atlantico di Chicago era chiaro che la Russia non si fidava più dell’Occidente e la successiva interruzione dei colloqui con la Nato sulla difesa antimissile ne è stata una riprova.
Il primo forte segnale negativo è arrivato con il conflitto in Georgia, sull’Ossezia meridionale e l’Abhazia. L’appoggio di Mosca al regime di Bashar al-Assad, in Siria, ha confermato l’allargarsi delle divergenze politiche.
Ma è stata infine la crisi ucraina e l’annessione della Crimea ad elevare il tono dello scontro e a portare al varo di sanzioni, che ora sono state significativamente inasprite.
A fine luglio tre altri episodi hanno agitato le acque: l’abbattimento di un aereo di linea malese da parte delle milizie filo-russe in Ucraina (accompagnato dal rifiuto russo di riconoscere l’evidenza e da un inasprirsi del conflitto con Kiev), la condanna di Mosca nell’arbitrato internazionale sulla questione Yukos (che ha definito del tutto illegale il percorso politico-giudiziario che ha permesso a Putin di espropriare quella compagnia e richiede a Mosca il pagamento di oltre 50 miliardi di dollari) e una lettera di Barack Obama a Putin che accusa la Russia di violare il Trattato sul bando dei missili a medio raggio (INF), firmato da Ronald Reagan e Mikhail Gorbaciov nel 1987.
Putin continua ad opporre un rifiuto totale ad ogni tipo di accusa. Di più, egli sembra ormai convinto che questo accumulo di questioni abbia lo scopo di minare il suo governo e di rovesciare il regime presidenziale russo.
Anche quando sembra riconoscere l’esistenza di un problema, come nel caso della sperimentazione dei nuovi missili di crociera in violazione de del Trattato INF, lo fa in modo polemico ed aggressivo, sostenendo che il trattato è ingiustamente discriminatorio nei confronti della Russia e che era stato un errore sottoscriverlo.
La nuova dottrina politica di Putin
Come uscire da questa situazione, che rischia di trasformarsi in una trappola pericolosa, in primo luogo per i paesi europei? La via delle sanzioni economiche che stiamo percorrendo non sembra, almeno per ora, tanto efficace da convincere Putin alla trattativa.
Le misure varate dall’Ue e dagli Usa possono certamente imporre alcuni gravosi costi alla Russia, ma sono ancora ben lontane da quelle molto più complete e rigide imposte all’Iran. Al contrario esse sembrano destinate a confermare i sospetti di Putin.
La nuova dottrina politica di Putin è stata recentemente analizzata, sul Moscow Times, dal parlamentare liberale Vladimir Ryzhkov, sulla base del discorso pronunciato dal presidente russo alla Duma il 18 marzo scorso, per proporre l’annessione della Crimea.
È possibile riassumerla in sette punti.
Uno: “l’Occidente continua a perseguire una politica di contenimento della Russia, come al tempo della Guerra Fredda” e ciò obbliga la Russia a reagire di conseguenza.
Due: “la Russia non si considera più parte della civiltà europea” e questo perché rigetta sia la dottrina comunista che quella pseudo-democratica.
Tre: “il diritto internazionale non corrisponde più ad un sistema di regole, né è un punto fisso di riferimento (…) Il diritto internazionale è stato ridotto ad un menù di scelte diverse tra le quali ogni potenza è libera di scegliere quella che corrisponde ai suoi interessi (…) la Russia è oggi una potenza tale da avere il diritto ad esercitare due pesi e due misure, esattamente come gli Usa”.
Quattro: “la nuova dottrina si applica all’intero territorio dell’ex-Unione Sovietica”, e concede quindi alla Russia il diritto di negare, in questo spazio, l’allargamento sia della Nato che dell’Ue.
Cinque: “una grande potenza può interferire negli affari interni di piccoli paesi” qualora siano in gioco i suoi interessi politici o militari.
Sei: “Organizzazioni internazionali quali le Nazioni Unite svolgono oggi un ruolo molto minore”.
Sette: “la nuova dottrina si basa sui nuovi equilibri di potenza globali (…) mentre l’influenza militare ed economica dell’Occidente è in rapida diminuzione, le potenze emergenti in Asia e in Africa guadagnano (…) il mondo diverrà molto instabile e il numero dei conflitti militari è destinato a crescere”. In conclusione, mentre la Russia punterà a costituire una sorta di Unione Eurasiatica, Putin si aspetta la possibile rinascita di una Guerra Fredda con l’Occidente e comunque sconta l’avvento di più aspri confronti.
L’Europa e gli Stati Uniti hanno tutto l’interesse ad avere un buon rapporto di collaborazione con la Russia, sia per ragioni di sicurezza energetica che per la stabilizzazione del Medio Oriente, e in particolare della Siria e dell’Iran.
Inoltre nessuno ha interesse ad accrescere la conflittualità internazionale, in particolare in un momento estremamente delicato di evoluzione della presenza e del ruolo internazionale della Cina.
Tuttavia è anche chiaro come sia necessario convincere Putin a scegliere una strada più aperta e collaborativa. È ben difficile che un tale obiettivo si possa raggiungere con le buone parole o con il tipo di sanzioni sin qui decretato.
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Stefano Silvestri è direttore di AffarInternazionali e consigliere scientifico dello IAI.