Skip to main content

Il ruolo della Siria tra Irak e Stati Uniti

L’attenzione dell’opinione pubblica occidentale è concentrata sullo Stato Islamico (IS), autoproclamatosi Califfato, rappresentante dell’intera umma islamica. A parte i suoi successi militari – quali l’occupazione di Mosul, la rapida avanzata a Sud, verso Baghdad, e la conquista della grande base siriana di Tabga, situata a Nord del paese, a poca distanza dal confine turco – la formazione islamista sta ottenendo un grande successo mediatico. Esso ne moltiplica i reclutamenti.

Nel mondo islamico, sta attirando tutti i fanatici, gli sbandati e, verosimilmente gli psicopatici, affascinati dalle sue feroci violenze. Gli assassini di massa, le crocifissioni, le decapitazioni diffuse sui social networks, dalla sua efficace propaganda, il reclutamento anche in Europa, stanno suscitando attenzione e preoccupazione. Non vi era giornale in Italia che ieri non abbia messo in prima pagina la notizia che fra i foreign fighters ve ne sono una cinquantina provenienti dall’Italia. Prima o poi torneranno, induriti, addestrati e abituati alla violenza. Si potrebbe scatenare un’ondata terroristica nel nostro Paese.

I MOTIVI DELLA PRIMA FASE DELL’INTERVENTO USA IN IRAK

Che fare? La situazione sta cambiando rapidamente in Siria e in Iraq. I conflitti dei due paesi sono ormai strettamente collegati. Ma la comunità internazionale, primi fra tutti gli USA, non sa che pesci pigliare. L’IS manovra fra i due paesi per linee interne, concentrando le sue forze dove ritiene più conveniente e approfittando del fatto che le sue basi in Siria non sono bombardate. La decisione Usa di intervenire con aerei e droni nell’Irak del Nord aveva all’inizio una giustificazione e obiettivi ben precisi: evitare un disastro umanitario e difendere il personale e gli interessi americani nel Kurdistan iracheno. Tale fase può ritenersi conclusa.

LE PROSSIME SCELTE DEGLI STATI UNITI

E adesso che si fa? Quali obiettivi perseguire? Si prosegue o ci si ferma? La situazione è stata sin dall’inizio alquanto paradossale. Se bombardano le forze dell’IS in Siria, gli Usa aiuterebbero Assad. Già in Irak gli Usa hanno combattuto a fianco degli iraniani. La loro strategia era condizionata dal fatto che volevano sostenere i curdi, ma non troppo, anche perché con i peshmerga combattevano terroristi del PKK, che certamente presenteranno un conto. Obama non può permettersi di rafforzare eccessivamente i curdi, per non compromettere l’unità dell’Irak  né inimicarsi la Turchia.

IL PARADOSSO OBAMIANO IN SIRIA

Lo stesso paradosso riguarda la situazione in Siria. Aerei Usa e di Assad hanno già colpito gli stessi obiettivi. Forse, si è trattato di un caso e l’operazione non era coordinata. Comunque, è certo che il governo di Damasco abbia ricevuto dagli Usa sembra tramite l’intelligence tedesca – particolarmente attiva negli Stati mediorientali già alleati dell’URSS, poiché ha ereditato le strutture che la STASI aveva in quei paesi – informazioni circa gli obiettivi dell’IS da colpire.

LE PAROLE DEL GENERALE DEMPSEY

Giustamente, sotto il profilo strategico, il capo delle forze USA, generale Martin Dempsey, ha sostenuto la necessità di estendere i bombardamenti alle basi siriane dell’IS. I jihadisti vi hanno spostato parte degli armamenti catturati alle forze irachene e anche alla grande base di Tabga. In essa erano dislocati molti dei depositi governativi di armi e munizioni. Per conquistarla, l’IS ha spostato nella provincia di siriana di Raqqa, parte delle forze che avevano travolto le difese irachene nella vallata del Tigri.

LE MIRE DI UN INTERVENTO AMERICANO IN SIRIA

Va considerato che in Siria vivono taluni dei più capi politici dell’IS. Eliminarli potrebbe costituire una priorità per gli Usa, come fu l’uccisione di quelli di al-Qaeda. Essi potrebbero costituire gli obiettivi prioritari dell’intervento americano, nella speranza di disarticolare il movimento jihadista. Facendo così, Obama potrebbe cavarsi dall’imbarazzo di allearsi esplicitamente con Assad. Gli elementi moderati dell’insurrezione siriana sono troppo deboli per avere la meglio sull’IS. Taluni esponenti dell’Esercito della Siria Libera hanno disertato, tornando nelle fila di Assad. L’altra formazione islamista operante in Siria, il Fronte della Vittoria o Jabhat al-Nusra, con il sostegno dall’Arabia Saudita e dagli Emirati, ha una posizione incerta. Non si capisce bene se sosterrà l’IS oppure se continuerà a opporsi a esso. Dipenderà dalla valutazione, fatta a Riad, della pericolosità relativa dell’Iran e degli sciiti rispetto al Califfato.


CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter